un impiegato in favela

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Ultimo racconto di favela e auguri!

In Ad Antonio Spirito, Finestra sulla favela Rocinha, Finestra sulla Nigeria (del nord), Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, Il libro della Finestra on 31 dicembre 2016 at 15:30

Di Un impiegato in favela

ultimo racconto dell'anno finestra tra sierra leone, favela rocinha e nigeria

Mi chiamo Suliman Kamara, ho gli occhi lucidi, le guance e il panciotto gonfi, la camiciola beige e i pantaloncini con le vele colorate, mi portò via l’ebola due anni fa. Ciao Suliman, sono un ex consulente informatico, ora cooperante, ti accompagnai io con le mie braccia per quel tuo ultimo viaggio, e mentre ti accompagnavo ti promisi che avrei raccontato di te mille volte e mille volte ancora. Sono Fatmata, faccio la suya: è così che chiamiamo in Nigeria gli spiedini di carne di manzo, le vedi quelle vacche dalle costole sporgenti e le corna che si stagliano verso il cielo sfocato dalla sabbia? Quelle finiranno qui, prima o poi. Se la sono spassata mentre c’era Boko Haram in città eh?! Se la sono spassata perché io non c’ero, avevo dovuto sospendere l’attività per fuggire: qui bruciava tutto. Adesso Boko Haram si è spostata verso nord ed io sono di ritorno, che tutte le vacche siano avvertite! Sono Ibrahim, sono un ex-insegnante di scuola, ora insegno a questi bambini nel campo profughi dove ci ritroviamo, ma è fatto di capanne montate alla meglio nel fango, ci vorrebbero acqua pulita e pane per questi qua… e a noi va ancora bene! dove stavamo prima non c’era niente da mangiare e a fiorire erano le sepolture. Ehi mané! Sono Thiago, ti ricordi di me?! Mi hai un po’ Leggi il seguito di questo post »

L’oro di Rocinha

In Finestra sulla favela Rocinha, Il libro della Finestra on 19 agosto 2016 at 11:51

Da Finestra sulla favela (Rocinha), di Un impiegato in favela

ouro na favela

Nell’attesa dell’ultimo racconto nigeriano, a Olimpiadi in corso, un messaggio da Ricardo, vecchio amico, abitante della favela Rocinha di Rio de Janeiro, approfittando per un saluto a Il Sorriso dei miei Bimbi Onlus che nel corso dell’evento sportivo ha continuato ad attivare e colorare il bellissimo Garagem das Letras ed ha avviato un nuovo progetto, la Casa del volontario, proprio al posto del nido d’aquila, che è stata casa mia per diversi mesi. Ma ecco Ricardo di Rocinha:

Atenção atenção Brasil acaba de ganhar mais um ouro na modalidade filha mais linda do mundo! kkk kkk Leggi il seguito di questo post »

Nata il quattro luglio

In Ad Antonio Spirito, Finestra sul Ponte Lambro, Finestra sulla favela Rocinha, Finestra sulla Nigeria (del nord), Finestra sulla Sierra Leone, Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, Finestra sulla terra, Il libro della Finestra on 3 luglio 2016 at 14:17

Finestra sulla favela nata il quattro luglio muac screening

Quel giorno sono nata, quel giorno di quattro anni fa. Non è che siano tanti, quattro anni, ma qua e là qualcosa ho visto lo stesso. Il mio viaggio si avviò prendendo coraggio e uscendo da pareti diroccate e grigie di muffa. Fuori trovai ad aspettarmi un camioncino sgangherato che i grandi che passarono a prendermi fecero partire a spinta, ed è così che, a colpi di tosse e borbottii, il camioncino si mise in moto.

Percorremmo un tornante che risaliva una collina e si faceva sempre più stretto fino a contorcersi su se stesso aggrovigliandosi in vicoli stretti e scoscesi lungo i quali scorsi una scorribanda di bimbi in ciabattine e pantaloncini che vi si precipitava alla ricerca di un açaí o di qualche scherzetto. Dietro a loro, nell’ombra, stava seduto calmo un bimbo più grande; con lo sguardo lontano accarezzava Leggi il seguito di questo post »

Pensieri a caso poco prima di una partenza

In Finestra sulla Nigeria (del nord) on 8 aprile 2016 at 13:29

Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

Finestra sulla favela: ricapitolando

Vado vai, vado che almeno per un po’ fa bene dimenticarsi, dimenticare se stessi; lasciare indietro i passi avanti, gli obiettivi, i termosifoni, il canone rai, la neve e gli sci; lasciare a casa gli occhiali da sole, i balli, l’aperitivo, le vacanze d’agosto, la maratona metropolitana, la primavera, il libro in più, la doccia calda, la chitarra, il corso di cucina e quello di teatro, l’ultimo postumo di David Bowie, dimenticare tutto questo per ricordarsi. Ricordare se stessi, che veniamo dalla terra, abitiamo nella foresta, tra due pareti di lamiera, di fango o di ghiaccio, che siamo bambini che sorridono a tutto e tirano i capelli (lo fanno ovunque); ritrovare il colore della pelle, la capacità di aspettare, la pazienza di non fare altro che vivere, solo vivere, restare liberi e disoccupati, ricordare la necessità di fuggire, di sfuggire a un pericolo, di salutare, di stringere una mano, di saper dire una parola gentile, dirla non solo per cortesia ma anche per trarne un vantaggio (è così che si sopravvive): ricordarsi che siamo umani e abbiamo secondi fini, che abbiamo quelli e nient’altro, ricordarsi di non avere nulla e che per questo dobbiamo lottare per ottenere qualcosa ogni singola giornata di cui riusciamo a vedere il tramonto; ricordarsi di essere, di essere qualcosa o qualcuno su questo pianeta, in questo stato, in questo momento storico, ovunque e sempre.

Sono convinto che sia del tutto comprensibile che tu ti senta più coinvolto emotivamente per un evento terribile, Leggi il seguito di questo post »

La combriccola (per Antonio Spirito)

In Ad Antonio Spirito, Finestra sulla favela Rocinha, Il libro della Finestra on 11 febbraio 2016 at 18:56
(foto di Antonio Spirito)

(foto di Antonio Spirito)

Non c’è niente da fare, l’età migliore, qui da noi, è quella in cui ciabatti qua e là trattenendo salde le infradito tra il pollicione e il ditino, quella in cui ti lanci su e giù per le scalinate, umide e polverose, tanto alte da dovertici arrampicare o dai gradini tanto sottili sottili da dover stare attento a non capitombolare con tutte le ciabattine; quella in cui cerchi una palla e una piazzetta per una partitella o una rampa di cemento per farne uno scivolo, a bordo di una bottiglietta di plastica accartocciata. Eh sì, l’età che preferisco è proprio quella in cui, no, a scuola no che non ci vai, e ridi, lanci i sassi ai cani che scappano facendo iiih iiih iiiih, tormenti gli uomini magri disastrati, dalla faccia bitorzoluta, fino a che non si risvegliano dal loro torpore di ubriaconi, tutti puzzolenti, per minacciarti col bastone e brontolare, inciampare e cadere a terra, per poi rialzarsi a scacciare mostri che vedono solo loro. L’età più bella è quella in cui, poi, agguanti un autobus al volo e scendi subito, alla fermata dopo, senza farti accorgere dal cobrador, e chiedi a un gringo i soldi per un açaí e, se te li dà bene, sennò torni con gli amici a correre in mezzo alla estrada da Gavéa senza farti centrare dai mototaxi; è l’età in cui poi risali le scalinate per raggiungere la rua um, dove ci sono i meninos armati che ti richiamano e ti dicono cose gentili. È la più bella anche perché puoi cercarti una mazza, un bastone, qualcosa, e vai a rompere le teste giganti e imbrillantinate dei playboy che stanno sui manifesti e ti chiedono di votare per loro. Ma il momento migliore dell’età più bella è quando torni a casa e qualcuno te l’ha preparato, un piatto di riso e fagioli… mmmmh, eu gosto de feijão!… questa è l’età migliore; l’età migliore è la nostra.

Sì, perché quelli più piccoli di noi, Leggi il seguito di questo post »