un impiegato in favela

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La nostra vita è cambiata

In Altre finestre, Finestra sul Ponte Lambro on 13 marzo 2020 at 14:18

Da Finestra sul Ponte Lambro, Di Un impiegato in favela

(foto di Alessia in favela)

Trovare lavoro non sarà facile, non lo era neanche prima, non lo è mai stato. Quando riapriranno i negozi e i centri commerciali? Quando i mercati? Le strade sono deserte, mi manca la folla chiassosa di quella piazza. Le spiagge sono deserte. Una passeggiata sulla spiaggia era uno dei privilegi che ci garantiva un po’ di gioia di vivere, che pure dobbiamo mantenere. Adesso non possiamo fare una gita al mare, non è questione essenziale. Incrociare gli amici, fare ginnastica, allenare i muscoli e mostrarli, nel fine settimana almeno, oppure anche durante la settimana… Devo portare a casa qualcosa da mangiare stasera, qualcosa di buono. I bambini hanno promesso di fare i bravi e restare in casa se avessi portato loro qualcosa di buono da mangiare. Una bella festicciola in famiglia è quello che ci rimane. Ma guarda laggiù che coda, al supermercato e chissà che prezzi. Sembra quando c’era la guerra. Ci sarà già anche un mercato nero, dovrei forse chiedere in giro; ma meglio lasciar perdere, finirei per portare a casa qualcosa di decisamente poco piacevole. Se va bene il colloquio, andrò al supermercato e farò la coda. C’è un bel po’ di gente in giro, nonostante i blocchi. Devo stare attento a dove mettere i piedi, devo mantenermi a un metro, così dicono. Dove avrà preso, la mascherina, quella signora? Dovrei forse fermarmi a chiederglielo, tenute le debite distanze, si intende. Ma concentriamoci sul colloquio. Spero proprio che l’ONG mi prenda, devo dare tutto. Ci sono rimasti solo loro a dare lavoro adesso che si è fermato tutto di nuovo. L’epidemia, oltre alle persone che sono morte, ci ha tolto anche la nuova illusione di un lavoro stabile, proprio come.. quanti anni fa? Sono passati non più di sei anni dall’ebola. Ci risiamo. Devo sfruttare questa fortuna che mi è capitata: il capo progetto che mi intervisterà mi aveva conosciuto quando facevo l’amministratore nell’ospedale di cura dell’ebola, si è certamente ricordato di me, deve aver risposto alla mia candidatura per questo, devo giocarmi bene le mie carte…

STOOOP!! Che c’entra l’ebola? Ci manca solo questa!!… Ma il racconto non è ambientato in Italia o in uno dei paesi dell’emisfero settentrionale ad oggi più afflitti dal coronavirus, è ambientato in Sierra Leone in un ipotetico futuro – che possa non arrivare mai – in cui il coronavirus raggiungesse anche il paese africano (ad oggi, 12 marzo, dai dati noti, restando a quell’angolo di Africa occidentale, il virus conta pochi casi in Senegal ed in Costa d’Avorio ma non in Sierra Leone). Per arrivare a riflettere anche su di noi, ho provato ad immaginare a che cosa penserebbe Emmanuel, mio collega ai tempi dell’ebola, tra il 2014 ed il 2015, se gli toccasse affrontare pure un contesto di epidemia COVID-19. Ho pensato a lui nel tragitto che avesse compiuto per andare a fare un colloquio con un’ONG (cosa che in effetti fece, con esiti positivi, nel contesto ebola).

Emmanuel, che ad oggi avrà circa 35 anni, nato quindi diciamo nel 1985, ha vissuto gran parte della sua infanzia nel contesto di una delle più feroci guerre civili che Leggi il seguito di questo post »

Ultimo racconto di favela e auguri!

In Ad Antonio Spirito, Finestra sulla favela Rocinha, Finestra sulla Nigeria (del nord), Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, Il libro della Finestra on 31 dicembre 2016 at 15:30

Di Un impiegato in favela

ultimo racconto dell'anno finestra tra sierra leone, favela rocinha e nigeria

Mi chiamo Suliman Kamara, ho gli occhi lucidi, le guance e il panciotto gonfi, la camiciola beige e i pantaloncini con le vele colorate, mi portò via l’ebola due anni fa. Ciao Suliman, sono un ex consulente informatico, ora cooperante, ti accompagnai io con le mie braccia per quel tuo ultimo viaggio, e mentre ti accompagnavo ti promisi che avrei raccontato di te mille volte e mille volte ancora. Sono Fatmata, faccio la suya: è così che chiamiamo in Nigeria gli spiedini di carne di manzo, le vedi quelle vacche dalle costole sporgenti e le corna che si stagliano verso il cielo sfocato dalla sabbia? Quelle finiranno qui, prima o poi. Se la sono spassata mentre c’era Boko Haram in città eh?! Se la sono spassata perché io non c’ero, avevo dovuto sospendere l’attività per fuggire: qui bruciava tutto. Adesso Boko Haram si è spostata verso nord ed io sono di ritorno, che tutte le vacche siano avvertite! Sono Ibrahim, sono un ex-insegnante di scuola, ora insegno a questi bambini nel campo profughi dove ci ritroviamo, ma è fatto di capanne montate alla meglio nel fango, ci vorrebbero acqua pulita e pane per questi qua… e a noi va ancora bene! dove stavamo prima non c’era niente da mangiare e a fiorire erano le sepolture. Ehi mané! Sono Thiago, ti ricordi di me?! Mi hai un po’ Leggi il seguito di questo post »

Mh mh. Passi a trovarmi?

In Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno on 6 ottobre 2016 at 17:58

Da Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, di Un impiegato in favela

Lookman, dalla Sierra Leone a Milano

Sierra Leone? Guerra civile? Bambini soldato? Ebola? Soda Caustica? E dopo tutto questo piena vitalità e un sorriso travolgente.

Passa a trovarmi dal vivo, vieni a conoscere me, la mia storia, un pezzo di storia del Paese da dove vengo, la Sierra Leone. Martedì 11 ottobre abbiamo la rara occasione di vedere avvicinarsi due mondi di solito distanti. Partecipiamo, condividiamo. Tanki tanki mh mh!

Questa è la mia storia: L’uomo che guarda.

Qui ci  trovi tutti gli ultimi aggiornamenti: Lookman: aggiornamenti, una richiesta e un invito

Se vuoi contribuire alla mia guarigione, puoi farlo passando a trovarmi martedì sera, ma se proprio vuoi farlo adesso, ecco come: Leggi il seguito di questo post »

Lookman: aggiornamenti, una richiesta e un invito

In Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno on 3 ottobre 2016 at 18:02

Da Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, di Un impiegato in favela

Lookman, dalla Sierra Leone a MilanoCiaooo! Come stai?

Di tanto in tanto mi faccio vivo per raccontarti una storia. Forse questa la conosci già, ma volevo condividere qualche aggiornamento e farti una piccola richiesta.
Che succede? Succede che dopo due anni brasiliani, un annetto in Sierra Leone e qualche mese in Nigeria sono tornato a Milano e con l’aiuto di un po’ di amici mi sono portato a casa un pezzo di cooperazione internazionale, così che per un po’ ho una buona scusa per trattenermi.
Lookman è un bimbo sierraleonese di otto anni che tre anni fa ha accidentalmente ingerito soda caustica subendo danni gravissimi alla bocca e all’esofago, perdendo la capacità di parlare e di alimentarsi dalla bocca. Oggi, grazie all’impegno di Mammadù Italia Onlus, Regione Lombardia, Fondazione IRCSS CA’ GRANDA (Ospedale Maggiore Policlinico), altri partner e molti volontari, Lookman si trova in cura a Milano con suo padre e si sta sottoponendo ad operazioni chirurgiche che gli restituiranno almeno la facoltà di alimentarsi autonomamente e con questa l’opportunità di una vita quasi normale.
In realtà è un incidente del quale sono vittime molti bambini in Sierra Leone e nell’Africa occidentale. La storia al completo la trovi sul mio Finestra sulla favela e racconta anche di come Lookman e suo padre abbiano superato tre anni di enormi difficoltà, tra le quali quelle imposte dall’epidemia di ebola che ha colpito la Sierra Leone nel 2014-2015, per ritrovare presso le strutture ospedaliere lombarde la speranza che al bimbo sia restituita un’opportunità di vita. Ti ricordi la storia di “L’uomo che guarda”?

Lookman, dalla Sierra Leone a Milano
Ultimi aggiornamenti

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Giro in tram

In Lookman, l'uomo che guarda on 16 agosto 2016 at 09:59

Da Lookman, di Un impiegato in favela

lookman a milano, giro in tram

Uh uh. Oggi sono sparito dietro una porta, nessuno mi trovava e dopo che ho deciso di farmi vedere, ho indossato le ciabattine, ho fatto scorta di garza, ho sistemato il letto, ho spento la TV, mi sono arrotolato per benino il tubo da dove mangio e con papà e mister M sono andato fuori dall’ospedale per la prima volta da quando sono arrivato qui con l’aereo. Abbiamo camminato molto per uscire dall’ospedale: è un ospedale molto grande, più grande di quello di Emergency di Goderich e ci sono tantissime ambulanze. Quando finalmente abbiamo trovato l’uscita, siamo finiti su una strada coi binari come quelli del treno (quelli che costruiscono i cinesi). Uh uh. Non hai idea di quello che è successo dopo! Leggi il seguito di questo post »