un impiegato in favela

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“Omicidi di bambini di strada per i Mega-Eventi” NON è quello che dice l’ONU – ci risiamo con l’orrenda bufala?

In Finestra sulla favela Rocinha on 10 ottobre 2015 at 21:19

Da Finestra sulla favela (Rocinha), di Un impiegato in favela

Un ritorno alla favela in senso letterale per necessità di risposta a certi recenti titoli di alcuni quotidiani.

Ad aprile 2014, prima della Coppa del Mondo brasiliana, alcuni blog e sedicenti reporter diffondevano l’orrenda bufala di una “strage di bambini di strada commessa dalle forze dell’ordine per ‘pulizia’, in preparazione del mega-evento”. Oggi, ad ottobre 2015, già diversi mesi prima delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, la bufala viene ripresa, questa volta da quotidiani online italiani che vengono considerati autorevoli quali Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Il Messaggero (nel seguito si citano titoli e link). La notizia recita sostanzialmente questo: “l’ONU accusa le forze dell’ordine brasiliane di uccidere minori per ‘pulizia’ in vista delle Olimpiadi”.

Colpito dalla notizia, e ancor più da come è stata riportata, con il riferimento al Comitato per i Diritti dell’infanzia dell’ONU, che obbliga a considerare il tutto più seriamente di un anno e mezzo fa, quando c’era di mezzo solo qualche mitomane; colpito dall’ipotesi che le Nazioni Unite possano davvero aver trovato prove (e coraggio) per muovere un’accusa così grave verso un Paese partner, sono andato a verificare. Leggi il seguito di questo post »

Un fine settimana in guerra (riedizione)

In Finestra sulla favela Rocinha, Storie di Pacificazione on 11 settembre 2015 at 11:14

Da Finestra sulla favela (Rocinha), di Un impiegato in favela

In occasione dell’anniversario di guerre note, la Finestra ricorda che ci sono state e sono in corso guerre silenziose, silenziose per chi non le vive; e torna ad affacciarsi sulla favela Rocinha, riproponendo”Un fine settimana in guerra” rivisitato (nel seguito). Ancora, La moschea di Gheddafi racconta di una guerra che fu silenziosa fino a quando non finì: la guerra dei diamanti.

Due volanti della polizia pacificatrice sfrecciano a sirene spiegate lungo l’Avenida Niemeyer. Sorpassano pericolosamente il van che mi sta portando a casa, rischiando di farlo ribaltare. Due sguaiati passeggeri, agitando una bottiglia di whiskey svuotata per tre quarti, perdono l’equilibrio, urtano il cobrador, sgomitano ai danni di una signora anziana seduta al suo posto con le braccia incrociate che chissà che cosa ci sta a fare a bordo del van a quest’ora. Il cobrador, già stanco di una notte di lavoro ormai sul finire mentre si sono fatte le quattro del mattino, infastidito dai giovani festaioli storce la bocca e dà voce alla riflessione che qualcosa deve essere capitato in Rocinha, di nuovo. Uno degli ubriachi, avendo frainteso le parole del cobrador, gli intima di non parlare male della Rocinha e si merita un rimprovero, cachaçeiro che non sei altro. Gli altri passeggeri fissano la notte fuori dai finestrini, ciascuno rivolgendo un pensiero alla Rocinha.

Raggiunto il viadotto che separa São Conrado dalla favela, quello sotto al quale, qualche anno fa, bimbi di strada andavano a rifugiarsi dalla notte e dalla solitudine; raggiunto il viadotto, il van si ferma e i suoi passeggeri scendono con qualche apprensione; io con loro. L’atmosfera è tesa: non è quella festosa del sabato notte, e le baracche del camelodromo, di solito illuminate e accoglienti fino a tardi, hanno le saracinesche sbarrate e si confondono l’una con l’altra nel buio pesto. Superata l’ultima baracca, si apre la vista alla passarela, e poi a una camionetta nera della polizia militare, e poi ad una seconda e a una terza: un’intera truppa di militari si accalca dalle parti del passaggio pedonale, all’imbocco della via Ápia, in compagnia del giovane popolo della notte. Quando è festa, qui si riunisce a bere, ad ascoltare musica, a corteggiare e a farsi corteggiare, ma questa volta appare sfoltito e gli occhi di chi è rimasto, già resi opachi dalla notte di vizi, appaiono segnati da una vena di ansia.

Alzando lo sguardo sulla collina, l’area di solito illuminata dalle brillanti fragili lampadine che gli abitanti lasciano accese davanti agli usci è un’enorme macchia nera, e la musica tace. Sale l’attenzione e si scorgono le tracce di uno scenario di guerra, e non solo per la presenza delle armi della polizia militare che non direbbero niente di nuovo: Leggi il seguito di questo post »

Expulsadeira (l’ultimo racconto, per la seconda volta)

In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha, Storie di Pacificazione, Vita da favelado: il nido d'aquila on 17 giugno 2014 at 06:17

favela Rocinha, Rio de Janeiro, Brasile, #finestrasullafavela

La saideira, dal verbo “sair” che vuol dire “uscire”, è l’ultima bevuta prima di tornare a casa, prima di andar via, appunto. La regola vuole che se ti viene proposta dai tuoi compagni di bevute quando accenni all’intenzione di tornare a casa, non puoi rifiutarla; d’altra parte, dopo la saideira ti viene riconosciuto il diritto di dimetterti (e non è conquista da poco). Dopo la saideira, però, potrebbe capitare che ti lasci trascinare da un’ultima chiacchiera. Se indugi, sarai obbligato ad un altro bicchiere, e il rito ricomincerà. In casi estremi, se ti rendi conto che è proprio giunto il momento di andare, potrai appellarti alla expulsadeira: il pilota dell’aereo militare che precipita preme il pulsante di emergenza per poter essere ribaltato fuori dall’abitacolo. Il bancone di un bar della Rocinha è tutt’altro che un velivolo da guerra, ma l’expulsadeira ti salverà. Solo, stai all’erta che l’expulsadeira non si riveli un’engrenadeira, quella che ti fa ingranare verso un nuovo giro.

Come dopo la saideira di un anno e mezzo fa, quando tornai a casa dopo il primo giro di Rocinha, poche ore dopo essere nuovamente atterrato al punto di partenza, vivo le impressioni della diversità dei due mondi. Come la prima volta, anche se il traffico è intenso, nelle strade di Milano mi sento capitato nel mezzo di uno spazio sconfinato e deserto; le stanze di casa sono enormi (pur non vivendo in un palazzo regale). I pavimenti, come anche i marciapiedi, mi invitano a camminare scalzo; l’acqua calda Leggi il seguito di questo post »

La traversa della libertà (tre due uno zero)

In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha, Strade di Rocinha, Vita da favelado: il nido d'aquila on 12 giugno 2014 at 07:49

favela rocinha travessa da liberdade la traversa della libertà

C’è una piccola via, un vicolo, dalle parti della via Ápia di Rocinha. Qui ci abita da sempre una famiglia di tanti bimbi, di tanti bimbi che si sono fatti giovani e giovani che hanno avuto altri bimbi. È periodo di Copa, di Mondiali, di Coppa del Mondo,  di tutto il  mondo, anche della Rocinha, perché, Leggi il seguito di questo post »

Seu Antonio e il Garage Lettario

In Finestra sulla favela Rocinha, Garagem das Letras, Il popolo di Rocinha on 10 giugno 2014 at 12:13
Io e seu Antonio

Io e seu Antonio

fala meu jovem! dimmi mio giovane! – è il tormentone vivo di seu Antonio, sempre di buon umore, anche al mattino, quando risponde al telefono.

– seu Antonio, stiamo ancora aspettando quel vigliacco degli infissi (*) che non risponde mai, ma intanto si può andare avanti con la paretina?

pode ficar tranquilo, lascia fare a me.

– di che cosa c’è bisogno? Leggi il seguito di questo post »