un impiegato in favela

Archive for the ‘Il popolo di Rocinha’ Category

Matheus e la deriva dei continenti

In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha on 23 novembre 2013 at 13:24

Il pollo allo spiedo lo gira, lo rigira, lo solleva e lo taglia un uomo piccolo, molto magro, con gli  zigomi sporgenti e le guance scavate, le orecchie e il naso allungati dall’età, pochi capelli a spazzola grigi e pochi denti; indossa sempre la stessa maglietta gialla con lo stemma del locale, troppo larga per lui; carica sulla schiena casse di birra senza smorfie e senza sospiri, con la rassegnazione che fa apparire l’azione senza sforzo. Qui, al ristorante del pollo allo spiedo, c’è la televisione appesa in alto, posizionata a metà tra i tavolini dentro e quelli fuori che invadono la estrada da Gávea, intralciando il passaggio di auto, moto, autobus, camion e pedoni. Quando c’è la partita del Flamengo il ristorante si riempie. Nel corso delle poche serate libere dal calcio, danno una telenovela di produzione brasiliana, molto popolare.

Le vicende si svolgono in salotti ampi, luminosi e ventilati, arredati di divani larghi e paffuti, e di lampadari enormi e luccicanti. Leggi il seguito di questo post »

Cavi d’alta tensione, ad altezza d’uomo tranquillo

In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha on 18 novembre 2013 at 23:46

Tace il lampione all’angolo della rua dois e l’asfalto è preso d’assalto da una tempesta di scintille.

L’intreccio di cavi spessi e fini, dell’elettricità, del telefono e di internet, si aggancia alle prese d’aria degli autobus che allargano prima delle curve e restringono contro-mano per affrontare i tornanti, e li rallenta per una frazione di secondo. Per qualche istante, ogni autobus aggancia il groviglio di cavi che penzolano come liane, e fa tremare i pali appeso ai quali questo si raggomitola, e questi si flettono, resistono, e alla fine lasciano passare i mezzi, da accondiscendenti guardiani di una dogana che separa il nulla dal nulla; in mezzo una pioggia di scintille. Leggi il seguito di questo post »

Intervista a un saggio bimbo di favela #StayAnimalSpirit

In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha on 15 novembre 2013 at 10:47

Chi sei?

Sono Thiago. Ho otto anni. Tu chi sei lo so già, sei un gringo! – rispose alla mia prima domanda il bimbo  che avevo scelto per l’intervista tra i tanti che salterellavano per i vicoli della favela Rocinha in pantaloncini, havaianas e con il sorriso sul volto.

Cosa fai? Leggi il seguito di questo post »

Uomo delle discariche vs. Seu Moacir

In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha on 14 novembre 2013 at 23:56

Il ristorante verde è il mio ristorante preferito perché ha le pareti verdi, è grande, ha molti tavoli, è aperto quasi tutte le sere fino a tardi, una volta era abbastanza economico (ora meno, ma sarà che sono io che ho meno soldi), servono l’Itaipava e non solo l’Antarctica, e non stai seduto sul marciapiede ma neanche ti viene negata la vista di quanto avviene fuori. La parete esterna è aperta per metà, con un muricciolo che quando sei seduto ti arriva all’altezza del petto, e sopra al muricciolo c’è una fila di travi di legno orizzontali che si alternano con spazi vuoti per consentirti di vedere fuori. Ci vedi passare gli autobus che si fermano proprio davanti a te, con i passeggeri che a volte hanno il viso allegro, a volte pensieroso, e se ti conoscono, che prima fossero allegri o pensierosi, spiegano il sorriso e si sbracciano per salutarti, e tu fai lo stesso con loro, che tu fossi allegro o pensieroso prima di vederli. Insomma, una finestra sulla favela, e una finestra della favela su di te; e infatti succede che la favela è anche dentro e non solo fuori, e che quella che è fuori si alterna con quella che è dentro, entrando e uscendo. Leggi il seguito di questo post »

L’uomo delle discariche

In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha on 10 novembre 2013 at 15:12

Non so come si chiami; di lavoro fa l’uomo delle discariche: si immerge a piedi e mani nude nelle rare discariche della Rocinha, tutte a cielo aperto, per recuperare lattine, cartoni, componenti di elettronica da rivendere ai negozi e al centro di riciclaggio. È un signore dalle braccia e dalle gambe scheletriche, dalla pelle scura provata dalle infezioni e dagli occhi gialli. Credo che sul petto gli si possano contare le costole, ma le magliette larghe che indossa ne impediscono la vista. Il suo viso è allungato, i capelli ricci sale e pepe, tenuti molto corti, o forse corti perché non gli crescono più. I denti, pochi e gialli spuntano fuori dalle gengive pallide come se fossero i denti di un teschio; le tempie e le guance sono infestate di macchie e di bitorzoli del colore della muffa, come se sotto vi custodisse un allevamento di vermi che stanno sempre fermi perché provati e rintontiti dalla vita dura. Ha il naso e le orecchie allungati dal tempo e una parlantina veloce e sospirata, forse strozzata da qualche bitorzolo che ha in gola; naso, orecchie e parlantina lo rendono buffo come un personaggio dei fumetti. Leggi il seguito di questo post »