Il pollo allo spiedo lo gira, lo rigira, lo solleva e lo taglia un uomo piccolo, molto magro, con gli zigomi sporgenti e le guance scavate, le orecchie e il naso allungati dall’età, pochi capelli a spazzola grigi e pochi denti; indossa sempre la stessa maglietta gialla con lo stemma del locale, troppo larga per lui; carica sulla schiena casse di birra senza smorfie e senza sospiri, con la rassegnazione che fa apparire l’azione senza sforzo. Qui, al ristorante del pollo allo spiedo, c’è la televisione appesa in alto, posizionata a metà tra i tavolini dentro e quelli fuori che invadono la estrada da Gávea, intralciando il passaggio di auto, moto, autobus, camion e pedoni. Quando c’è la partita del Flamengo il ristorante si riempie. Nel corso delle poche serate libere dal calcio, danno una telenovela di produzione brasiliana, molto popolare.
Le vicende si svolgono in salotti ampi, luminosi e ventilati, arredati di divani larghi e paffuti, e di lampadari enormi e luccicanti. Leggi il seguito di questo post »