un impiegato in favela

Ritorno in favela Rocinha dopo una serata a Lapa

In Finestra sulla favela Rocinha on 8 luglio 2012 at 20:50

Pochi giorni di vita in favela Rocinha possono colpirti più di quanto non ti renda conto. Di ritorno da Lapa, da un locale costoso (eppure costava solo 35 reais, che sono poco più di 12 euro!?!), in prossimità di Rocinha, sento che la favela mi respinge, come se si sentisse tradita.

Maurits Cornelis Escher, Relatività


Tornando a casa, per conoscere nuovi luoghi e per tirare tardi, cambio strada e mi avventuro nei vicoli, anche se ormai s’è fatta notte e la luce sulle strada è quella della luna. Addentrandomi e risalendo le scale ripide, che prima ti portano in una direzione e poi a tornare sui tuoi passi, che ti fanno risalire e ridiscendere, lungo un groviglio di scalini stretti dove passi strisciando contro i muri e dove, dietro l’angolo, trovi sempre un bambino fermo e zitto che chissà a che pensa; nei luoghi dove, camminando, inquietandoti e tornando a rilassarti, ti trovi un metro sopra a un fiume di fogna a cielo aperto che scorre sotto le scale di cemento sopraelevate,  le scale che si incrociano e  si incastrano come in uno di quei disegni che rappresentano i paradossi;  salendo e ridiscendendo in uno di questi luoghi, scorgo appena, davanti a me, una figura rotonda e scura che si muove un poco e che pare sospesa in aria ma è appoggiata a una trave, e che, avvicinandomi, mi rendo conto essere una palla di piume vivente: un fagiano che dorme su una trave. Allargo lo sguardo e mi rendo conto che non è l’unico: ce n’è un altro sulla mia destra e un altro ancora sulla trave che sta sopra la mia testa e un terzo in quella un po’ più in basso sulla mia sinistra e poi in fondo tanti altri ancora, appoggiati ad altrettanti travi e muretti; non so quanti siano. Mi ritrovo in mezzo a un allevamento di fagiani allestito nel bel mezzo di un quartiere urbano favelado; appollaiati su travi sospese sopra un fiume di merda, appoggiati a scale, tetti e lamiere e vicoli paradossali, i fagiani favelados non si muovono e dormono (grazie al cielo).

Proseguo e il vicolo si apre su una strada, continuo a stupirmi dei fili elettrici sospesi, soprattutto quando ci camminano sopra i topi che guardano a destra e a sinistra perché non sanno più come scendere (ma mi dicono che in realtà lo sanno eccome, come si scende dai grovigli di fili sospesi sulle strade). Infine mi ritrovo in mezzo a una festa con musica e banchetto e faccio amicizia con Davì, un bimbo che lo fa apposta a tirarmi sulla schiena un palloncino, di certo per attirare la mia attenzione, l’attenzione di uno diverso. Giochiamo a palla per una mezz’ora buona e si risente quando me ne vado, ma io non ho intenzione di giocare a palla tutta la notte e lui l’avrebbe fatto: nessuno l’avrebbe richiamato.

Ritrovo la solita strada e mi affaccio a uno dei margini della via Apia; sento musica che trasuda da tutte le colline attorno, da ogni granello di terra, da ogni mattone, da ogni lamiera, da ogni tronco di albero attorno il quale è stata costruita una casa, dal fango e dagli intonaci scrostati. È il sabato sera favelado e mi accorgo che di feste come quella di prima dove ho conosciuto Davì la collina è disseminata, e mi viene in mente un verso della canzone “abre a janela na favela”, quando dice “Puxe a cortina da mesma lentamente e você vai ver o samba em pessoa falando com a gente” – “Tira la tenda della finestra, ma lentamente, e vedrai il samba in persona che parla con la gente”.

Penso che a Milano i locali chiudono alle due e  mezza per editto comunale e mi chiedo se qualcuna di queste signore che vedo affacciarsi alle finestre si lamenterebbe con qualcuno per il rumore e che comunque non avrebbe con chi farlo. Penso che questa passeggiata mi abbia fatto tornare ad essere accettato dalla favela. Un’espiazione compiuta a ritmo di samba in mezzo a topi e fagiani.

  1. […] baracche, quando si sente il samba che  parla con la gente e ad avventurarsi per i vicoli si fanno incontri imprevedibili, si sentono sempre anche le voci dei passanti, che passano sempre, e quelle dei bambini, che ridono […]

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  2. […] Ritorno in favela Rocinha dopo una serata a Lapa (7 agosto 2012) […]

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