Finestra su Haiti, di Pollyanna in favela

I funerali ad Haiti sono più sfarzosi dei matrimoni. Famiglie che spendono soldi che non hanno chiedendo prestiti ad amici o facendo collette tra colleghi e conoscenti. Noleggiare limousine e vestito di raso, pagare donne per piangere, affittare spazi pubblicitari, affiggere poster per le strade e spargere fiori e brillantini. Quando c’è un ingorgo per strada e da lontano si intravede una macchia umana in abiti eleganti, rigorosamente in bianco e nero, bisogna rassegnarsi e restare in coda. Clacson vietato: sarebbe una mancanza di rispetto.
Poco importa se con quel defunto, quando era in vita, si sono scambiate appena due parole, se era una persona violenta, maleducata e non meritevole di affetto. Una madre con cui non si parla, un padre burbero, una sorella disconosciuta, un amico indebitato o qualcuno a cui non si è mai detto “ti voglio bene” o “mi manchi”.
Non so quante vite abbiamo, ma perché non onorarla tutti i giorni? E perché non parlare con chi si ama? Chiedere, interessarsi, scrivere…
A quanto pare, conta fare le cose in grande quando è finita: ci si lava la coscienza, ci si sente più leggeri. D’altra parte, è anche vero, gli spiriti è meglio tenerseli buoni.