Le nove di lunedì mattina. Avrei dovuto svegliarmi prima e lanciarmi giù per la scalinata di casa che scende ripida verso l’entrata della rua dois, fiondarmi in discesa lungo la larga estrada da Gávea, percorrere il marciapiede ora alto fin sopra al ginocchio ora assente, evitando le signore anziane che risalgono la collina un passo alla volta, i cani che lottano contro le pulci, le giovani mamme con un neonato appoggiato su una spalla e un bimbo per mano, le moto che sfrecciano rasenti al ciglio della strada, il frontale di un autobus che ti sovrasta all’improvviso mentre sta allargando per prendere un tornante stretto di favela, gli uomini che trasportano sulla schiena blocchi di mattoni ed elettrodomestici; avrei dovuto infilarmi prima nella scorciatoia della colorata rua quatro, attraversare prima la travessa da liberdade, e giungere con maggiore anticipo nella parte bassa, nella rua da via Ápia, per evitare la coda agli sportelli della banca Bradesco dove oggi cambierò il mio primo assegno di favela. Alle nove e mezza di lunedì mattina ci sono già almeno cinquanta persone in attesa di affacciarsi ad uno dei due sportelli che la banca mette a disposizione. Leggi il seguito di questo post »
Posts Tagged ‘favela Rocinha’
Code in banca
In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha, Storie di Pacificazione on 3 settembre 2013 at 22:15Ritorno in favela
In Finestra sulla favela Rocinha on 30 agosto 2013 at 00:45Come un anno fa il VAN di Toca era senza benzina. Qui in Brasile molti motori sono ibridi benzina-gpl e anche se hai il pieno di gpl, per l’accensione un po’ di benzina ti serve. L’anno scorso, quando arrivai per la prima volta in Rocinha, fu Toca a portarmici dall’aeroporto insieme a Barbara e Julio; il serbatoio della benzina era a secco e dovemmo spingere insieme per far partire il suo furgoncino. Quest’anno, percorsa buona parte del largo viale che congiunge l’aeroporto Galeão, o Antonio Carlos Jobim, al resto della città; superate le barriere che da qualche anno impediscono ai turisti internazionali la vista delle favelas del nord appena arrivati così che possano avere un imprinting più positivo, al primo distributore ci siamo arrivati. Poi abbiamo dovuto spingere fino a che qualche goccia di benzina non è risalita fino al punto di accensione del motore. Questa volta spingendo indietro però, anziché avanti come nell’occasione precedente. Non so perché. So che quest’anno il VAN di Toca è un esemplare in via di estinzione, perché il sindaco di Rio de Janeiro, Eduardo Paes, ha deciso di attuare una riforma dei mezzi pubblici che ha previsto la repressione dei VAN. Leggi il seguito di questo post »
Guardie e ladri
In Finestra sulla favela Rocinha, Storie di Pacificazione on 28 agosto 2013 at 00:34Una serata passata in piazzetta della rua quatro per capire che cosa è cambiato in favela nei mesi che sei stato lontano da qui, e qualcosa sarà cambiato di certo perché, come ti ha spiegato un suo abitante, la favela è un movimento continuo. Leggi il seguito di questo post »
Camile di Rocinha
In Finestra sulla favela Rocinha, Il popolo di Rocinha on 27 agosto 2013 at 23:07Camile è una bimba di nove anni che abita in una stanza alla quale si accede da un cancelletto arrugginito che chiude un angolo della rua Dioneia, nella parte bassa, all’incrocio con la estrada da Gavéa, vicino alla piazzetta dove cominciano la rua quatro e la rua três della favela Rocinha. Ha la pelle olivastra e i lineamenti dolci, gli occhi che sorridono al sole e ama raccogliere i suoi capelli lunghi in trecce. È vivace, e spesso gioca da queste parti correndo su e giù per i vicoli scoscesi, aggrappandosi al retro dei camion, salendo di nascosto sugli autobus (la estrada da Gavéa è una delle tre strade di Rocinha larghe tanto quanto basta perché possa passarci un autobus o un camion, se pur con manovre che sfidano la logica). Leggi il seguito di questo post »
La finestra riapre, tra poco
In Finestra sulla favela Rocinha on 18 agosto 2013 at 12:51Ultima alba a Ponte Lambro, di nuovo, verso un’altra riva
Questa mattina ho assistito alla mia ultima alba al quartiere Ponte Lambro di Milano, ultima per un po’, un anno, una stagione diciamo. A dirla tutta, può darsi che domattina ne veda un’altra, mentre sarò sul taxi per l’aeroporto. Da qui decollerò verso la favela Rocinha, da dove sono stato assente per questi sette mesi milanesi. Comunque questa mattina mi sono svegliato molto presto e come ho aperto gli occhi mi hanno dato il buongiorno una serie di raggi di luce rossi con sfumature violacee che si infiltravano tra le fessure delle tapparelle della sala e della cucina (in effetti, è il lato di casa rivolto a est). Mi alzo e vado in sala in stato di dormiveglia, e non ho le forze di alzare una tapparella per vedere intero il sole che sorge, ma, sporgendomi appena, ora da una fessura ora da un’altra, ne intuisco la forma e il colore: un cerchio di fuoco vivo già domina il cielo vicino alla linea dell’orizzonte, che da queste parti le Alpi rendono frastagliata. Gli scaffali e gli armadi di casa sono vuoti in questo ultimo giorno italiano, i miei vestiti giacciono in valigia, è metà agosto e la città è deserta, e mi sembra di essere il solitario testimone di uno spettacolo meraviglioso, un dono di arrivederci regalatomi dal Ponte Lambro.
Mi chiamo Marco Loiodice (o forse dovrei dire Marco Francesco Renato, e il perché lo spiegherò tra poche righe). Leggi il seguito di questo post »




