Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

Abito e lavoro per metà del mio tempo ad Abuja (la capitale della Nigeria); il mio quartiere è Jabi, dove c’è un lago che per il momento non è che sia molto attraente; magari invecchiando migliorerà, vedremo. Vicino a casa-ufficio c’è Mr. Biggs, il rivenditore di riso e sughi vari e pollo e pesce gatto, che salva tutti noi quando non abbiamo voglia di farci da mangiare; più distante c’è quel centro commerciale che si chiama Shoprite, dove si trova un po’ di tutto, quasi tutto; quasi tutto a prezzo caro ma si trova. Poi… vediamo… dall’altra parte della strada rispetto a Mr. Biggs c’è una chiesa cristiana apostolica, di fianco una stazione di benzina sempre chiusa perché è a corto di carburante, e da qui parte un altro mondo: quei quartieri che si addormantano al mattino e si risvegliano di notte, quelli che di giorno sono presepi di legno spenti, di legno, cartone e lamiera, quelli che intanto che si fa buio prendono ad illuminarsi di tremanti lucine arancioni, bianche e gialle che si fondono con la notte e vi disegnano sopra chiassosi tracciati che da lontano magari ti fanno paura. Ai margini di questi quartieri, Leggi il seguito di questo post »



Fuori da Abuja, verso nord, strade ancora d’asfalto si intrecciano disordinate, scavalcano baracche dal tetto di lamiera, si lasciano contaminare da file di copertoni disposti sull’asfalto per annunciare il primo di una serie di posti blocchi che rallenteranno il nostro andare verso la regione di Yobe. Ai confini della capitale un monolito nero occupa il cielo, è Zuma: un tempo difendeva il popolo Gbagyi da invasioni, oggi maledice chi osa abitare ai suoi piedi e per questo qui si trovano scheletri di edifici abbandonati da chi osò sfidare il suo veto. Fuori da Abuja autocisterne in coda alle stazioni del carburante che non c’è e attorno ad esse già si scorge qualche gregge di capre. Più avanti si contorcono i baobab che, con mille braccia intrecciate che si innervosiscono e si strigono verso l’alto, 