Il primo racconto Da Finestra su Longacres, Di A.
Quarantasette sono le settimane che mi separano dal ritorno, esattamente come i chili che peserà il prossimo anno della mia vita all’interno dei tre bagagli stipati in stiva. Milano mi ha congedata con gelo e torpore: nei sorsi di un Negroni sbagliato al bar Basso, persa in due occhi grandi e marroni, nei sussurri dei Mazzy Star di questo primo ed unico freddo di un inverno estivo, del mio inverno australe.
Quattordici ore di volo per smettere di capire, per cominciare a sentire e per provare ad ascoltare quei pensieri che si sono fatti prepotenti negli ultimi sei mesi di una meditata anarchia esistenziale, prima di rinascere priva di peccati originali, libera di originare peccati, di fermarmi o di partire.
Oggi, da una finestra di Kumoyo Road, Pope Square, quartiere Longacres di Lusaka, Zambia, vedo quattro gatti rossi; le gonne delle vicine indiane stese sul mukusi; le buche del vicolo sterrato che conducono al traffico di questa capitale improvvisata; l’espressione curiosa di Prisca, una pupetta color cioccolato dai denti di mandorla. Il termometro segna trenta gradi centigradi, il profumo di kapenta, sardine del lago Tanganyika fritte, invade la strada e si fonde con la musica del jazz club che sta al di là del cortile. Il temporale si sta avvicinando minaccioso e nella mia veranda ci sono ancora un paio di bicchieri vuoti, affacciati e rimani insieme a me.