A presto con una novità. Per conoscerla, tieni aperta la Finestra sulla favela! Abre a janela na favela!
Ed ecco, nel frattempo, qualche scorcio da “Finestra sulla favela – I racconti” (che nel frattempo è stato pubblicato in una nuova edizione con le foto di Antonio Spirito, ed è possibile scaricarlo seguendo questo link).
I cavi si infittiscono, sospesi, attorcigliati ai pali, alle pareti di mattonato rosso e ai tetti grigi di lamiere e amianto; gli esercizi commerciali si abbracciano l’uno all’altro come per strada le moto i bambini i ragazzi le donne e gli uomini; ragazzini fermi ai bordi della strada hanno i volti seri da adulti, e bambine piccole stringono tra le braccia bambini più piccoli che ridono e si agitano perché vogliono camminare da soli; cumuli di immondizia sui marciapiedi; pareti si incastrano l’una nell’altra senza inizio e senza fine, e si aprono su orizzonti che la vista insegue per poi perdersi nel nero di foreste sterminate, nelle colline e nel mare, per poi incagliarsi in scalinate storte e verticali, e ancora nei motorini che rombano e in ondate di fumo di carne e nei grovigli di fili elettrici e nelle pareti di mattonato rosso che si arrampicano storte su altre pareti e sui tetti delle case e sul rombo dei motori, sul rimbombo dei petardi, e nel ritmo ossessivo dalle casse enormi e nella gente que bate papo.
Sanguinano, brillano e piangono le favelas, sul dorso di Rio de Janeiro, città simbolo del mondo intero nella concezione dell’opera del Cristo Redentor, che, a sua volta, restando nel suo significato simbolico, è la croce, il sacrificio dell’umanità, che il mondo intero domina.
Però c’è un’altra cosa che mi piace, e l’ho scoperto oggi alla festa che ci hanno fatto per il giorno dei bimbi: quando mi prendono in braccio, mi fanno volare e mi posso sedere sulla spalla di una persona grande, mi sembra che il mondo si tinge di colori nuovi. Dall’alto è proprio tutta un’altra cosa, ragazzi!
I colpi d’arma da fuoco sono secchi e freddi. Sono secchi e freddi quando li senti esplodere tra mura rischiarate dall’aurora di un lunedì mattina. Passano indifferenti e ti lasciano indifferente. Non importa che ne capiti uno o che arrivino in serie di quattro: te ne accorgi dopo che sono capitati, e ti lasciano con il dubbio che siano capitati in sogno. I colpi d’arma da fuoco sono diversi dai fuochi d’artificio e dai petardi, che indugiano in una scia sonora prolungata. I colpi d’arma fuoco capitano, capitano come se nessuno li avesse fatti capitare, e capitano allo stesso modo che li faccia capitare un giovane della polizia militare in divisa o un giovane bandito del narcotraffico a torso nudo.
Ti chiede che cosa ci sia alla fine del mare, il Pinocchio della favela Rocinha, che oggi è felice perché ha fatto un tuffo e ha mangiato un panino, e, se ti trovi in difficoltà a trovare una risposta adeguata, gli chiedi che te lo dica lui, che cosa pensa che ci sia laggiù. E lui apre il volto in un sorriso e, volgendo lo sguardo oltre la linea dell’orizzonte, ti racconta di essersi sempre immaginato un dirupo senza fondo nel quale tutta l’acqua si riversa in un’enorme cascata.
L’acqua calda, l’acqua potabile, l’urbanizzazione e il traffico relativamente regolari, il gas che esce dai fornelli della cucina (e ti chiedi a seguito di quale magia)… vero, per mesi, la maggior parte delle cene sono state a base di riso, fagioli, carne e patatine fritte; di biscotti, di saponi e di detersivi, nei negozi e nei mercatini di favela, ce ne sono di una sola marca, mentre in qualsiasi supermercato di qui, anche di periferia, gli scaffali propongono distese di saponi e di biscotti diversi per forma, per colore e per prezzo. Ti pare di potertici tuffare, nella vastità di prodotti a tua disposizione. Ma, alla fine, dovrebbe trattarsi solo di questo?