Sono diverse le stelle di Rio de Janeiro da quelle che vedi in Europa rivolgendo gli occhi al cielo.
Sta tramontando a Copacabana, e dalla parte opposta della baia, già si vede la Luna, con una compagna più piccola al suo fianco, in basso a destra. Una stella o un pianeta che, se vieni dall’Europa, ti ricorda Venere, e che alla Luna gira attorno nel corso della notte, prima ad essa sovrapponendosi e diventando invisibile dalla Terra, poi ritornando dal lato opposto, di nuovo compagna di viaggio della sorella più grande.
Sotto alle stelle, alla vigilia di Natale, cinquecentomila anime si ritrovano a Copacabana ad ascoltare il concerto gratuito di Gilberto Gil e Stevie Wonder, con un enorme palco sulla spiaggia, enormi schermi e amplificatori per portare le note lontano.
Chi sono i cinquecentomila intervenuti al concerto di Natale di Rio de Janeiro? Sono residenti di Rio e brasiliani di altri luoghi, turisti internazionali, e i volti sono per la maggior parte di pelle bianca: anche in questa occasione, nonostante la gratuità, gli abitanti di favela sono esclusi o si sentono esclusi, non sono invitati o non si sentano invitati, sentono che se partecipassero non sarebbero ospiti graditi, e in ogni caso, forse anche solo per pigrizia o abitudine, decidono di restare in favela. Sono pochi, e molti di quelli che sono scesi dalla collina fino alla spiaggia sono coloro che qui hanno pensato di poter lavorare: centinaia di migliaia di lattine da vendere piene, altrettante svuotate e quindi da rivendere al riciclaggio di rifiuti, il pubblico in strada potrebbe comprare uno sgabello di plastica o potrebbe voler bere uno shot di tequila e, in una notte speciale, sarà forse meglio disposto a regalarti una lattina di guaranà o un pacchetto di noccioline, soprattutto se sei un bambino; se sei un ladro, in mezzo a migliaia di persone con l’attenzione rivolta al palco, a qualcuno riuscirai a sfilare qualche banconota dalle tasche.
La stella che accompagna la luna nell’emisfero australe è già svanita nella luminosità della compagna più grande; dal lato opposto della baia, il cielo si è colorato di rosa con sfumature rosse, e chi ha deciso di fermarsi ad Arpuador sta già applaudendo il miracolo del tuffo del Sole nell’oceano; Gilberto Gil sta coinvolgendo il folto pubblico con alcune cover di Bob Marley tradotte in portoghese, a partire da quella di No Woman No Cry.
Un uomo dalla pelle bianca si è avvicinato a un chiosco per un’acqua di cocco, così un bambino dalla pelle nera, il dorso nudo e insabbiato, i capelli ricci e ispidi, pantaloncini e awaianas, gli si avvicina per chiedergli se può avere un cocco; il bambino si felicita dell’approvazione e si stupisce se il suo donatore gli chiede come si chiama (non glielo chiede mai nessuno). Si chiama Michel, e dice di venire dal quartiere Jacaré, quindi probabilmente dalla favela Jacarezinho, la terza favela di Rio per dimensioni (dopo Rocinha e Complexo do Alemão), a nord, lontano da Copacabana. E allora perché è arrivato fin qui Michel? Come tutti, si è fatto una passeggiata, un bagno a mare, ha visto se riusciva a ottenere una cosa da bere, ed è venuto per sentire Stevie Wonder, o almeno, così dice Michel; ma non dice che è venuto qui anche per la curiosità di capire chi diavolo sia questo Stevie Wonder, che ha un nome che è difficile da pronunciare, e a Jacaré non l’ha mica mai visto. Michel è contento e se ne va, e andandosene rivela un graffio profondo sul polpaccio, forse causato da un tuffo spericolato o da una scivolata giù dai vicoli di favela, forse ancora aperto per mancanza di cure.
Il cielo si è fatto nero e denso di stelle. Quella che gira attorno alla Luna non è ancora tornata, ma sono altre le costellazioni visibili, come, imponente, Orione e la sua cintura. Accompagnato da cori e applausi del pubblico, si è presentato sul palco Stevie Wonder, con il suo pianoforte e gli occhiali da sole, ad intonare: “I don’t know much of history, how don’t know much of geography…” (“non so molto”, dice la canzone, come non sa molto Michel); e poi, insieme a Gilberto Gil, Garota de Ipanema, nelle versioni in inglese e portoghese.
Un bimbo nero con una busta di salatini in mano chiede una coca cola all’avventore di un bar, e questo gliela accorda, e il primo ancora una volta si stupisce se l’altro vuole sapere come si chiama, ma questo stupore non interrompe l’allegria e non turba la gratitudine di Diego. Ora la compagna della Luna è tornata a mostrarsi, questa volta sulla sinistra, dove questa Luna pare che rivolga il viso, più defilato rispetto a quello della Luna europea, come se volesse non vedere qualcosa che le sta di fronte; e un unico coro ora intona il ritornello di We are the world.
Un uomo e una donna scuri, magri e con pochi denti, hanno cominciato una disputa attorno all’appartenenza di un sacco nero pieno di lattine vuote. Qualche passante si diverte a vederli sbraitare con quel loro accento stretto e incomprensibile, a tirare il sacco di plastica, a bucarlo e a scivolare sulle lattine che sono cadute mentre agitano le braccia in modo goffo. La lite viene risolta da un intervento discreto della polizia che, dopo aver sentito le parti, affida il sacco alla donna; così questa prepara il carico velocemente per fuggire via. L’uomo, affranto per la perdita del sacco, è distratto da un passante che gli porge una lattina vuota e, a conferma del detto carioca: “Gentileza gera gentileza” (la gentilezza genera la gentilezza), lascia che le vene del collo si sgonfino e le rughe scavate nel volto si distendano, e si mette a preparare un sacco piccolo di lattine da donare all’amica con la quale ha appena litigato, ma lei è ormai sparita, mentre Stevie Wonder intona con entusiasmo I just called to say I love you.