Da Finestra MEMO, Di Un impiegato in favela
Dimašq. Da quando sono piccolo vengo qui, Dimašq, caffè Nafura, il caffè della fontana. Ero piccolo come te, forse anche più piccolo. Vedi quel trono avvolto di tappeti antichi appoggiato sulla pedana? Lì, qualche centimetro più in alto del pubblico, si sedeva il cantastorie. Gli avventori gli si facevano attorno e lo ascoltavano. Adesso, caro piccoletto africano, come hai detto che ti chiami? Mh mh. Vedi, piccoletto, oggi tutto è diverso, i giovani non ascoltano più. Sono attratti dal gesticolare, dal linguaggio del corpo; non sono sicuro che riescano a seguire la storia, perché non si concentrano, non riescono a privarsi di se stessi e dei loro oggetti. Ci riesci tu? Mh mh!! Ho capito, ho capito piccoletto, non te la prendere. Sai, io non sono di quelli che ce l’hanno coi giovani, si vede che hanno un nuovo modo di ascoltare; il problema vero è che oggi tutto è cambiato e questo paese è raso al suolo. Ma il cantastorie continua, non si ferma, continua a raccontare storie di umanità come quella che stiamo vivendo oggi, storie di guerre, di conquistatori, di fuoco, di morte, di violenza. Il cantastorie racconta e non ha colpe. Sono cresciuto da allora, ho imparato a raccontare, la passione per le storie non mi è passata ed oggi il cantastorie sono io. Stasera ti racconterò la storia di un personaggio che non è proprio una persona vera; direi meglio che è una specie di divinità: ha il dono dell’eternità. Puoi trovare questo personaggio in città, non distante da qui, proprio dietro l’angolo, dietro l’angolo formato dalle alte massicce mura, mura antiche, che si stagliano fuori dal Nafura. Dietro questo angolo, se stai attento, troverai facilmente il nostro protagonista: è sufficiente che tu sia capace di identificarlo; quando avrai sciolto il nodo lo troverai. Ma non sarò io a svelarti il segreto, dovrai capire da solo, ci stai? Mh. Ora salirò sul mio trono, mi separerò dal mondo e ti racconterò una storia.
Che siate i benvenuti tutti, o forestieri! Entrate, sedete, favorite un tè e una pippata di shisha! Non abbiate paura, avete fatto bene ad aprire la porta, avete fatto bene ad entrare; sì, anche voi che siete entrati dalla finestra, l’importante è che siate qui adesso; anche tu, piccoletto africano. Qui siamo vicini alle tue terre, da qui sono transitati popoli che andavano verso e venivano dalle tue terre. Non dovete avere paura di ciò che non conoscete, questo luogo porta sulle sue pareti migliaia di storie, ciascuna delle storie appartiene a tutti noi. Questa sera vi racconterò… o meglio… mi lascerò attraversare dalla voce di qualcosa che ha necessità di raccontarsi, e si racconterà da sé. Vi anticipo solo che preferisce parlare di sé al femminile. Eccola che vi parla… (Cuore di pietra continua… nell’attesa, ecco qui sotto qualche immagine dal caffè Nafura, nella cittadella di Damasco, da dove queste parole partorno per raggiungerti, che tu sia entrato dalla porta o dalla finestra).
[…] è ora di tornare a parlarvi con la mia voce, quella del cantastorie. Quando i miei personaggi mi attraversano con i racconti del tempo non posso fare a meno di […]
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[…] tempo per sapere che succede in Siria bisogna proprio trovarlo, ad esempio restando affacciati ad una finestra su Damasco, oppure, tanto per cominciare, dando una lettura a queste due notizie, e adesso, scusami ma devo […]
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