Ultima alba a Ponte Lambro, di nuovo, verso un’altra riva
Questa mattina ho assistito alla mia ultima alba al quartiere Ponte Lambro di Milano, ultima per un po’, un anno, una stagione diciamo. A dirla tutta, può darsi che domattina ne veda un’altra, mentre sarò sul taxi per l’aeroporto. Da qui decollerò verso la favela Rocinha, da dove sono stato assente per questi sette mesi milanesi. Comunque questa mattina mi sono svegliato molto presto e come ho aperto gli occhi mi hanno dato il buongiorno una serie di raggi di luce rossi con sfumature violacee che si infiltravano tra le fessure delle tapparelle della sala e della cucina (in effetti, è il lato di casa rivolto a est). Mi alzo e vado in sala in stato di dormiveglia, e non ho le forze di alzare una tapparella per vedere intero il sole che sorge, ma, sporgendomi appena, ora da una fessura ora da un’altra, ne intuisco la forma e il colore: un cerchio di fuoco vivo già domina il cielo vicino alla linea dell’orizzonte, che da queste parti le Alpi rendono frastagliata. Gli scaffali e gli armadi di casa sono vuoti in questo ultimo giorno italiano, i miei vestiti giacciono in valigia, è metà agosto e la città è deserta, e mi sembra di essere il solitario testimone di uno spettacolo meraviglioso, un dono di arrivederci regalatomi dal Ponte Lambro.
Mi chiamo Marco Loiodice (o forse dovrei dire Marco Francesco Renato, e il perché lo spiegherò tra poche righe). Leggi il seguito di questo post »