Da Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, di Un impiegato in favela
In occasione di un matrimonio celebrato ai tempi dell’ebola, ho incontrato un amico che avevo conosciuto qualche tempo prima. Dalla Finestra si era già scorta la sua storia. Vorrei raccontarla mille volte ancora. Eccola qui, appena per la seconda volta.
Sierra Leone, Paese di pesca, palme, baobab, mangrovie, aquile, champion, mango fly, falchi e avvoltoi. Il popolo sierraleonese prega, prega un solo dio: i cristiani condividono la moschea nella preghiera del venerdì, i musulmani partecipano alla messa della domenica; insieme in un solo ballo, in un solo canto. Un bimbo corre felice con un pesce più grande di lui tra le braccia, attraversa la strada asfaltata, si lancia lungo una scoscesa strada sterrata; nella penombra delle palme, dei banani e dei manghi, imbocca un groviglio di sentieri infangati, continua la corsa, attraversa il villaggio, si catapulta dentro a una casa dal tetto di zinco senza porte e senza finestre; appoggia il pesce sul tavolo di legno. Vede una bottiglia. Ha sete, l’afferra e ingolla una sorsata. Lo travolge un bruciore forte, il dolore più forte mai provato, tra i denti, in gola e nello stomaco. La sua vita non sarà più come prima. Se sopravvivrà, la sua vita cambierà per sempre.
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