un impiegato in favela

Pupupikin’

In Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno on 7 ottobre 2015 at 20:34

Da Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, di Un impiegato in favela

pupupikin komora sierra leone

Allora, quest’altro gioco funziona così. Metti che tu hai la faccia di mama davanti a te. Non so, magari stavi provando a gattonare verso qualche destinazione sfidante o a ciucciarti qualche curioso oggetto trovato per strada. Be’, mama ti afferra da dove sei, ti solleva, ti impone di far cadere rovinosamente gli oggetti misteriosi, ti ribalta, ti rigira, e prima che tu te ne accorga, ti ritrovi dall’altra parte, con la schiena di mama, enorme, davanti alla faccia. Ancora mama non ti ha mollato: ti tiene saldamente e sei ancora abbastanza comodo. Cerchi di ristabilire una posizione dignitosa: di solito ti ritrovi ribaltato in posizioni scabrose, tipo con i piedini piegati all’insù, o con le braccia flesse sui fianchi di mama, o con le dita delle mani contorte… riprendi una posizione dignitosa dicevo, e devi farlo in fretta perché mama a un certo punto ti molla, e tu ritrovandoti a pancia in giù sulla sua schiena, devi cavartela da solo. A questo punto, abbiamo mama con la schiena piegata verso il pavimento che raccoglie il komorà, e tu in equilibrio precario che fai del tuo meglio per non cadere di sotto aggrappandoti all’afferrabile, con le gambe, con le braccia e spesso anche con la bocca. Questo è il momento più difficile. È anche un momento molto importante, perché se non stai attento alla posizione che prendi quando mama ti ha avvolto dietro al sedere il komorà, al momento in cui se lo annoda sulla pancia e stringe, potresti ritrovarti risucchiato tra il komorà e la schiena di mama, magari con il naso schiacciato su una scapola, o un piedino contorto sui suoi fianchi, e lì sei fregato, davvero. Sì, perché spesso la situazione è irrecuperabile e non ti sarà concessa una seconda possibilità.

Capita spesso quindi, che nel momento critico, appena prima che la stoffa ti stringa in una morsa definitiva, tu ti renda conto che dovresti lanciarti in uno scatto bruciante per rassettarti, e solo i più coraggiosi e i più abili lo fanno. I codardi se ne restano con la faccia schiacciata da qualche parte o le gambe storte, a farsi prendere in giro dagli altri bimbi passanti che, essendosi mossi meglio, ora respirano a pieni polmoni e se la ridono. È così che funziona il gioco del komorà, altrimenti detto pupupikin’. Così mama può fare tutto quello che deve fare e tu te ne stai lì dietro e ci si parla con gesti impercettibili: ora lei ti sfiori un piede con un gomito mentre cammina, ora tu le lasci andare un sospiro un po’ più deciso dove comincia il collo, e ciascuno di noi viene a sapere ciò che l’altro pensa e ciò che sente.

Ah, perché si chiama anche pupupikin’? Be’, diciamo, etimologicamente la parola è composta da “pupu” e “pikin’”. Ecco, a volte capita che, insomma, sai che cosa vuol dire “pupu”, no? E “pikin’” vuol dire prendere, raccogliere… magari l’emozione, un improvviso inciampo di mama, oppure sei stato in giro tutto il giorno, insomma, a chi non è mai capitato? Be’, sono situazioni deplorevoli, incresciose… ma l’importante è che tu abbia capito, no? hai capito?

E mancano 32 giorni senza nuovi infetti per dichiarare l’ebola finita in Sierra Leone. E mancano 22 giorni al rimpatrio di Un impiegato in favela e alla chiusura di Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno (ma la Finestra sulla favela resterà aperta sull’area rurale sierraleonese con Finestra sulla terra di Un ricercatore in favela).

Chi è che sta in favela?

Finestra su cosa?

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