Da Finestra sulla terra, di Un ricercatore in favela
Ciao, mi chiamo Henry, ho 12 anni e faccio il 4° anno alla Saint Francis Primary School, a Makeni.
L’altro giorno, tornando a casa da scuola, mio papà mi è venuto incontro sorridente.
Henry, sai la novità?
Quale novità?
Ti ricordi l’opoto? Quello italiano che è stato qui l’anno scorso?
Anru?
Si, esatto lui. È tornato, l’ho incontrato proprio stamattina mentre eri a scuola.
Davvero?!
Si, mi ha riconosciuto e si è fermato a chiacchierare con me. Si ricordava. Era contento di rivedermi. Mi ha detto che era passato per casa nostra per vedere se ci vedeva ma non c’eravamo. Mi ha chiesto come stai e mi ha detto di salutarti! Mi ha scritto il suo numero e dove abita, ha detto che puoi andare a trovarlo.
Anru è mio amico, l’ho conosciuto l’anno scorso. È stato a Makeni per un po’ e abitava vicino a casa mia. È andato via poco prima che arrivasse l’Ebola. Ogni mattina, quando andavo a scuola, mi fermavo a salutarlo. Lui usciva e mi dava sempre i biscotti. Che buoni che erano, non ne avevo mai mangiati. Mi faceva ridere quando durante la stagione delle piogge la mattina avevo freddo e lui mi prendeva in giro perché diceva che non faceva freddo, anzi si stava meglio! Deve fare tanto freddo nel suo Paese.
La sera passavo ancora a trovarlo e qualche volta mi invitava ad entrare e mangiavamo assieme un mango o un po’ di riso. Qualche volta siamo anche andati a camminare fino in cima alla Mena Hill, da dove abbiamo visto tutta la città. Si vedeva anche casa mia.
Una domenica è venuto a chiedermi se poteva prendere dell’acqua dal pozzo perché da due giorni il suo generatore non andava e la pompa non gli aveva riempito d’acqua la cisterna.
La domenica dopo, per ringraziarci, mi ha regalato un pallone vero! Ero felicissimo, saltavo e correvo di gioia. Sono subito andato a giocarci con gli amici che un po’ me lo invidiavano. Una volta abbiamo anche giocato assieme io lui, mio papà e Kadisha, mia cugina. Ci siamo divertiti quel giorno!
Così domenica mattina sono andato a trovarlo a casa sua. Ho portato anche il pallone che mi aveva regalato in un sacchetto. Mio papà mi ha dato un altro sacchetto con dentro della cassava e della canna da zucchero. Noi siamo Limba e mio papà è contadino. Coltiva cassava, arachidi, riso e un po’ di canna da zucchero. Mi ha detto di portagliele, che erano per lui. Ero contento di andare a trovarlo anche io con un regalo.
Quando sono arrivato da Anru ci siamo abbracciati, mi ha detto benvenuto. Anche lui era felice di rivedermi. Gli ho dato subito il sacchetto di mio papà e lui era contento, mi ha ringraziato molto.
Quando gli ho fatto vedere il pallone ci siamo subito messi a giocare, come l’anno scorso prima che arrivasse l’Ebola.
Poi c’è venuta fame allora abbiamo deciso di mangiarci la cassava di papà. Però gli ho dovuto spiegare come pelarla e prepararla perché dove abita Anru non c’è e non l’aveva mai mangiata. Deve essere proprio strano il suo paese.
Come mai non avete la cassava nel tuo paese?
Credo perché fa troppo freddo
C’è il ghiaccio in Italia?
Si d’inverno c’è anche il ghiaccio
Com’è fatto il ghiaccio?
Vieni ti faccio vedere delle foto.
È divertente vedere le foto di Anru, in alcune ci sono anche io e in quelle dove abita lui vedo un sacco di cose diverse e nuove. Ci sono montagne altissime che arrivano sopra le nuvole e che sono coperte di ghiaccio, bianco come la cassava. Poi ci sono alberi buffi e curvi che fanno un frutto a palline nere che si usano per fare il vino, invece altri alberi sono senza foglie quando c’è il ghiaccio. Poi ho visto che i contadini lì hanno campi grandi, tutti ordinati, e usano un trattore per lavorare. I fiumi hanno degli argini per non fare uscire l’acqua. Le chiese delle città sono grandi, belle e con i muri dipinti, invece non ci sono moschee. Le macchine e le case sono bellissime.
Ecco, la cassava è pronta…ci sono opoto o black man nel tuo paese?
Quasi solo opoto!
Ohh. E serve il passaporto per venirci?
Si.
Che strano il posto dove abita Anru. Mi piacerebbe vederlo e vedere il ghiaccio. Magari se andrò mi porterò un po’ di cassava.