un impiegato in favela

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Tutti a Fika!

In Finestra sulla Nigeria (del nord) on 28 giugno 2016 at 10:32

Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

Scarlett Johansson Under the Skin #finestrasullafavela

Ebbene sì, finalmente l’ho fatta l’esperienza di questa benedetta, famosa Fika. Mi avevano detto di non andarci, non ci si poteva proprio andare; poi, per una volta sola, almeno per una volta, abbiamo deciso che finalmente anche per me era arrivato il momento.

Andando a Fika, Leggi il seguito di questo post »

Kukarita, il campo sfollati che non esiste

In Finestra sulla Nigeria (del nord) on 21 giugno 2016 at 08:22

Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

Kukarita il campo sfollati non ufficiale Nigeria nord-est

C’è una canzone che fa: “domani notte, ti ricorderai quello che hai detto a questa notte? Le tue labbra sono così tenere, il tuo cuore batte forte. Domani sera pronuncerai le stesse parole d’amore di questa notte?”, ce l’ho in mente mentre ripasso gli incidenti della settimana scorsa: due attacchi suicidi, qui li chiamiamo “Person-Borne Improvised Explosive Device (PBIED)”, uno l’hanno intercettato in tempo per non fare altre vittime oltre a quella che si portava addosso la bomba, l’altro no e ci sono stati diversi morti, ancora non so quanti; a Potiskum momenti di tensione per l’arresto di un quadro dell’”esercito irregolare di opposizione”, più un nuovo attacco e nuovi rapimenti a Chibok, il villaggio delle bambine sequestrate due anni fa buona parte delle quali sono ancora nella foresta nonostante la campagna #BringBackOurGirls (te la ricordi quella campagna, questa notte, che è il domani notte di quella notte?). Le bambine, originariamente senza velo, sono state convertite a forza all’Islam e molto probabilmente sono usate da due anni dai soldati di Boko Haram per scopi di riproduzione e passaggio di consegne generazionale, cioè per produrre figli che un giorno potranno perseguire la missione al posto dei padri destinati a imminente morte.

Siamo a metà del periodo di ramadan e per l’occasione l’IS, rivolgendosi ai fedeli affiliati di tutto il mondo, ha invocato l’intensificarsi degli attacchi, ciò che in effetti almeno tra Niger e Nigeria si sta avverando.

“Domani sera, quando il fremito sarà svanito, ti ricorderai di me o sarò solo uno dei tanti ricordi? sarò forse una nuova canzone?”. Suona la musica e la mente torna a Kukarita, il campo sfollati “non ufficiale”: ufficialmente non esiste ma è situato a pochi chilometri da Damaturu, la capitale dello Stato di Yobe, e da Kukarita giunge un sospiro…

Kukarita

Casa mia non è qui. Cioè, adesso è qui, ma casa casa, casa di prima, casa di sempre, sta a Borno. Non c’è notte uguale all’altra: ci furono le ultime notti a Borno, poi le notti passate qui. Una delle ultime notti passate a Borno, Leggi il seguito di questo post »

Passaggio a Borno

In Finestra sulla Nigeria (del nord) on 17 giugno 2016 at 07:47

Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

Passaggio a Borno, nordest Nigeria

Sarà anche solo questo sole enorme, questo sole enorme intimidito dal velo di sabbia che al suo cospetto fluttua danzante per indispettirlo, neutralizzandone i raggi, costringendo questi alla dispersione, dispersione in un alone vago che sfuma sotto un cielo perplesso che abbraccia la sua stessa immagine mutata in fata morgana; saranno le corna che a questo cielo si sovrappongono risalendo l’avvallamento ai margini di una strada ancora sterrata fino a mostrarsi nella loro intera sinuosa lunghezza, per poi cedere il passo al muso di una vacca e poi ad altre corna, a due a due, lentamente, fino a rivelare la presenza di una mandria che si lascia accompagnare accondiscendente da un bimbo col bastone, due cani, tre capre e una donna a cavallo; saranno i rottami di un tozzo carro armato abbandonato dall’altro lato della strada, la gente distesa ad aspettare sulle panche dei villaggi di sabbia, i copertoni distesi in fila sull’asfalto provato dal continuo passaggio dei tir, le abitazioni scoperchiate, la steppa infinita; sarà quella sequenza di tir sventrati come balene arrugginite alla deriva o i cumuli di plastica nera che riaffiorano dalle distese di sabbia come cime di iceberg dalle onde del mare; saranno i posti di blocco della milizia civile o i soldati armati tra la gente, sarà la mia suggestione, perché so che in questa regione si combatte ancora quasi tutti i giorni, e loro, quelli dell’esercito irregolare, devono stare qui da qualche parte, nascosti a migliaia, con centinaia di bambine in ostaggio da anni; sarà per una o per tutte queste ragioni, ma attraversando queste terre, le terre di Borno, sento Leggi il seguito di questo post »

Villaggi di sabbia

In Finestra sulla Nigeria (del nord) on 11 giugno 2016 at 16:07

Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

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Villaggi rossi si confondono col suolo, bimbi come fantasmi, assemblee all’ombra della chioma del mango, vacche dalle corna slanciate e la scatola toracica ben visibile pascolano (partono prima dell’alba coi pastori, le capre e i cani e dominano le strade con e senza asfalto). Dicono che se proviamo a tornare a casa, adesso che è stagione di seminare e trattare la terra, troveremo gente armata: Leggi il seguito di questo post »

Passeggiando sulla luna

In Finestra sulla Nigeria (del nord) on 30 Maggio 2016 at 13:30

Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

passeggiando sulla luna

C’era vento, eravamo investiti dalla sabbia, ci sentivamo ribaltati in un altro mondo, un mondo diverso dal nostro; con la stagione delle piogge che si avvicinava, tempeste di sabbia, sole opaco, cielo vago. Si intravedeva, laggiù, nel mezzo di quella distesa irregolare e infinita di sabbia rossa qua e là interrotta dai disegni bizzarri dei baobab, dalle chiome a ombrello degli alberi di mango, dai profili longilinei delle palme e dalle dita e dalle unghie che gli alberi di caju distendevano verso l’alto come a voler grattare il cielo e che finivano per proiettare all’orizzonte figure orientali, laggiù si intravedeva un aratro di ferro arrugginito trascinato da due bovini dalle lunghe corna che parevano voler assomigliare ai rami dei baobab; più in là, un giovane uomo con due bambini tutti insieme intenti a sovrastare e spintonare un mulo per convincerlo a smuoversi; poi tre uomini dalla lunga tunica che, con la schiena piegata, lavoravano la terra, l’accarezzavano, l’incoraggiavano, la pregavano di essere clemente con loro e con la loro comunità, che aspettava l’esito del loro lavoro nel recinto di paglia di un villaggio di sabbia, dove una combriccola di bimbi accucciati e silenziosi si era riunita protetta da un tetto di rami ad ascoltare qualcuno che raccontava loro qualcosa; ancora, a margine della strada, si vedeva un uomo accovacciarsi e raccogliere al grembo la tunica per cagare; poco distante, si vedevano chiaramente tre giovani che si ritrovavano sotto l’ombra della chioma di un albero a discutere una questione importante, mentre, tra i rigonfiamenti delle radici e della terra, si scorgevano appena due bimbi che viaggiavano nel nulla con un fascio di rami e ramoscelli in equilibrio sul capo. Laggiù si intravedeva anche un uomo che, divincolandosi dalle moto, portava la bicicletta, come tanti fanno a Potiskum (dove però i tanti sono solo uomini, o al limite qualche bambina, perché alle donne è vietato); e poi un bimbo piccolo a torso nudo, dal pancino e il viso rotondi come bolle di sapone scure, che portava avanti una sua battaglia personale e lentissima contro una zolla di terra. Laggiù, ancora, ecco una donna che, solitaria e testarda, mentre procedeva nel nulla lungo un sentiero il cui tracciato solo lei poteva decifrare, sfidava la tempesta che pareva volerle strappare via il lungo velo viola.

La sabbia si era levata in ogni angolo di cielo e ci circondava; dalla corsia opposta della Transahelian Airway giungeva un carico di bestiame e di uomini che scivolava via per dare il cambio ad un’autocisterna di carburante che sulla cima del silos si portava un carico aggiuntivo di carbone; incrociavamo un furgoncino dallo sportello posteriore del quale spuntavano una decina di piedi sospesi a pochi metri dall’asfalto; verso sud ancora sabbia, per terra e in cielo, ma ecco che, prima di avvicinarci a un centro urbano molto grande, ci sorprendeva uno specchio d’acqua in mezzo al quale appena si distingueva il busto nudo di un uomo mimetizzato tra fusti di piante di riso.

Alle porte di Kano

Stiamo per imboccare le porte della città ma un insolito posto di blocco ci obbliga alla fermata: Leggi il seguito di questo post »