un impiegato in favela

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I pastori del sole / 3

In Finestra sulla Nigeria (del nord) on 26 luglio 2016 at 09:32

Da Finestra sulla Nigeria (del nord), di Un impiegato in favela

pastori del sole wodaabe

C’è qualcosa tra le nuvole che ti rivela che velocità di passo devi tenere; da questa parte del mondo, perfino ad Abuja, senza arrivare fino al nord-est, la vita è profondamente influenzata dal corso delle stagioni, lo è fisicamente il tuo corpo. Mi conviene accellerare il passo o mi ritroverò inzuppato. Questa sera Gozi ha fatto il pienone e finalmente ho avuto una buona scusa per potermi sedere presso un bar diverso senza venire ripreso (i tavolini e le sedie sono disposte una di fianco all’altra in file ben marcate per separare l’area ospiti di un bar da quella dell’altro e non è mai facile cambiare senza urtare le sensibilità del gestore presso il quale sei stato la sera prima… non ti sei forse trovato bene con me l’altra sera?). Ha fatto il pienone, Gozi, essendosi ritrovata con una bella tavolata lunga di amici che gozzovigliavano per festeggiare qualche ricorrenza. Sono arrivati pure i suonatori: un gruppo di giovani dotati di percussioni tradizionali, senso del ritmo e ottime voci per un coro finalmente autentico, diverso da quella specie di disco-reggae-elettronica (non ne conosco la definizione esatta) che mi perseguita dai tempi della Sierra Leone. Accellero il passo e penso che si dovrebbe parlare ancora un po’ di pastori del sole, di quella splendida martoriata e sconosciuta cultura nomade dei fulani del Sahel; ma non mi sento bene, questa notte ho dormito male, la salāt al-subh, la cantilenante preghiera delle cinque del mattino, non mi ha invogliato a quel consueto lento dondolio che ogni notte mi riaccompagna dolcemente alle ultime due ore di sonno, c’era una zanzara dispettosa che mi ronzava vicino alle orecchie e sono stato male tutta la notte: non vorrei utilizzare qui la parola “diarrea” perché è sempre una parola sgradevole nei racconti, e poi non rende precisamente quello che ho vissuto; sarebbe forse meglio parlare di “fiumi di merda”, ma non vorrei urtare la sensibilità di chi già è stato fin troppo gentile ad affacciarsi a questa Finestra. Eppure, questa è l’espressione che meglio renderebbe non solo lo stato del corpo dopo quasi quattro mesi africani di battaglia professionale, Abuja, suya e nord-est, ma anche lo stato d’animo che mi attraversa nel dover prendere atto della deriva di una parte di opinione pubblica rispetto ad alcuni argomenti, a partire da Boko Haram per sbarcare a Fermo e ritorno.

In generale non mi interesserebbe commentare qui un fatto di cronaca del quale non si sa molto e che è avvenuto lontano dalla Nigeria, ma devo esprimere e condividere come la penso e dare il mio contributo a ristabilire qualche punto di riferimento che secondo me si sta tragicamente perdendo. Infatti, qui si vede tutto da lontano e potrebbe sfuggirmi qualcosa, ma in più di un’occasione ho letto in giro commenti guidati dal paradigma che sintetizzerei così: “morto” -> “se l’è cercata” -> Leggi il seguito di questo post »