Da Finestra sulla terra, di Un ricercatore in favela
Fa caldo a queste latitudini, bisogna bere molto. Gli esperti consigliano almeno 1,5 litri al giorno. Ma l’acqua, si sa, non sempre soddisfa le voglie del palato e dell’anima. Allora vino, bibite, birre, succhi di frutta, tisane e ogni sorta di bevanda diventano benedette. Per me è facile, vado al supermercato e posso acquistare quello che desidero (o almeno quella parte che è reperibile nei market sierraleonesi), ma solo una piccola percentuale della popolazione locale può fare altrettanto. Il resto, i contadini, gli abitanti dei villaggi, per ragioni economiche e logistico/geografiche non ha accesso a questi canali. Loro però hanno un’altra risorsa, un sapere antico accumulato granello dopo granello nei secoli di vita in sinergia con il proprio ambiente e che li rende abili a ricavare da questo tutto quello che serve. Attraverso la pratica sviluppata e affinata nel corso delle generazioni le comunità rurali hanno sviluppato conoscenze non scientifiche su come far rendere al meglio ciò che si ha a disposizione, quello che la terra offre, ma con misura, senza volerla alterare, permettendone la continua rigenerazione. Una convivenza rispettosa che plasma anche l’identità e la ricchezza del popolo che abita un territorio. Una simbiosi equilibrata e armoniosa scandita dal tempo delle stagioni, governata da pazienza, rispetto e saggezza.
Come esempio, la finestra oggi propone un fotoracconto di alcuni “distributori di bevande” che la terra offre ai contadini della Sierra Leone.
Capita spesso, girando per le aree rurali, di trovare taniche appese ad alcune varietà di palma.
È facile essere tratti in inganno, ma non si tratta di incivili che vogliono sbarazzarsi sbrigativamente della spazzatura. È invece il metodo locale per procurarsi il pojo, il vino di palma. L’albero assomiglia a un “distributore automatico”, anziché inserire la moneta si fa una piccola incisione sulla corteccia, appena sotto la chioma della pianta, e si estrae il prezioso liquido che viene raccolto nella tanica.
In realtà non è così semplice, anzi serve una certa maestria, l’arte del contadino.
Ma il risultato ripaga dello sforzo, anima la convivialità e inebria le serate!
Per chi è astemio e non regge l’alcool non c’è problema, il sapere contadino ha una soluzione per tutto e il menù offre diverse “bibite” non alcoliche. Una delle più gustose e particolari è il succo di anacardo.
Anche in questo caso si tratta di un brevetto dei contadini, i veri custodi della ricetta. Questa galleria fotografica permette di esplorarla (occhio alle didascalie).

Ora il banchetto è pronto: il corpo può essere dissetato, l’anima e il palato soddisfatti (l’acqua da sola, come si sa, non sempre vi riesce). Cin cin, alla salute!
[…] qui per la galleria fotografica che descrive il […]
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