Da Finestra sulla terra, di Un ricercatore in favela

Fa caldo a queste latitudini, bisogna bere molto. Gli esperti consigliano almeno 1,5 litri al giorno. Ma l’acqua, si sa, non sempre soddisfa le voglie del palato e dell’anima. Allora vino, bibite, birre, succhi di frutta, tisane e ogni sorta di bevanda diventano benedette. Per me è facile, vado al supermercato e posso acquistare quello che desidero (o almeno quella parte che è reperibile nei market sierraleonesi), ma solo una piccola percentuale della popolazione locale può fare altrettanto. Il resto, i contadini, gli abitanti dei villaggi, per ragioni economiche e logistico/geografiche non ha accesso a questi canali. Loro però hanno un’altra risorsa, un sapere antico accumulato granello dopo granello nei secoli di vita in sinergia con il proprio ambiente e che li rende abili a ricavare da questo tutto quello che serve. Attraverso la pratica sviluppata e affinata nel corso delle generazioni le comunità rurali hanno sviluppato conoscenze non scientifiche su come far rendere al meglio ciò che si ha a disposizione, quello che la terra offre, ma con misura, senza volerla alterare, permettendone la continua rigenerazione. Una convivenza rispettosa che plasma anche l’identità e la ricchezza del popolo che abita un territorio. Una simbiosi equilibrata e armoniosa scandita dal tempo delle stagioni, governata da pazienza, rispetto e saggezza.
Come esempio, la finestra oggi propone un fotoracconto di alcuni “distributori di bevande” che la terra offre ai contadini della Sierra Leone.
Capita spesso, girando per le aree rurali, di trovare taniche appese ad alcune varietà di palma. Leggi il seguito di questo post »
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