un impiegato in favela

Zero casi

In Finestra sulla Sierra Leone on 22 marzo 2015 at 18:25
bollettino ebola 20 marzo: zero nuovi casi

bollettino ebola 20 marzo: zero nuovi casi

Solo due parole: zero casi. Il 20 marzo è un giorno da ricordare in Sierra Leone, è il primo giorno a zero nuovi casi ebola. Non è finita, l’epidemia, perché lo zero dovrà mantenersi per molti giorni; ma possiamo pensare che lo sarà presto. In ogni caso questo è un punto di partenza: la produzione si è fermata per mesi, le scuole chiuse, la disoccupazione aumentata, l’immagine mondiale di un Paese destinata ad essere associata alla parola ebola per molti anni provocheranno la fame, altre terribili carenze, che passeranno sotto silenzio nei luoghi dove per molti l’ebola non è altro che un’orribile malattia che forse mi posso prendere pure io, non so come, forse con i barconi.

Ti racconto una storia, se ti va.

Un tempo, molto tempo fa, un uomo d’affari si avventurò in un Paese africano dove si diceva ci fossero i diamanti. Molta gente fu messa a lavorare, tutto il giorno e tutta la notte, a tutte le età. Non importava che fossi bimbo, uomo, donna: in miniera dovevi andare, a scavare; e nei fiumi, a setacciare le acque a caccia delle pietre che brillano. Girarono tanti soldi, ma i soldi non arrivarono nelle tasche di noi che lavoravamo: si dispersero in quelle di chi ci straziavano. Qualcuno decise che voleva la sua parte. Si armò, armò i bambini, li mandò a Freetown, la città libera, a massacrare quelli che erano tornati a casa dall’America o da altri luoghi dove avevano fatto gli schiavi: erano tornati a casa per essere liberi, e furono massacrati dai loro stessi figli.

Nel frattempo le miniere si facevano più profonde. Fummo portati nella foresta, dove prima potevamo scegliere di non andare, per rispetto, per rispetto. Spaccammo le pietre, e quelle preziose passarono il confine con la Liberia per raggiungere altre rive, dove diventarono collane, anelli e braccialetti da indossare su pelle bianca. Arrivò la fame e perdemmo il rispetto della foresta, e la foresta ci punì. Dal sangue e dalla carne degli animali che uccidemmo per fame sgorgò l’ebola, che ci punì.

Vivevamo di pesca prima: di mare, non di foresta. E la foresta ci punì. Oggi possiamo festeggiare, perché la foresta ha deciso di risparmiarci, e forse ci lascerà ricominciare da zero.

A presto, di nuovo, con una nuova Finestra. A presto con una sorpresa.

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