un impiegato in favela

Requiem a un gatto di favela

In Finestra sulla favela Rocinha, Vita da favelado: il nido d'aquila on 29 ottobre 2013 at 00:55

Questa è la cronaca della morte di un gatto e di altri esseri viventi, e non solo di questo. Si consiglia a persone sensibili, impressionabili, o a chi si lasci facilmente turbare da temi come la morte e l’agonia, specie se di animali domestici, di evitarne la lettura, o quanto meno di saltare il capoverso centrale, in quanto, affacciandosi alla finestra, si vede il decesso nell’unico modo possibile quando lo si vede affacciandosi a una finestra, cioè così come avviene in tutti i suoi più ripugnanti e tragici particolari. Si avvisa chi decidesse di andare avanti saltando il capoverso che contiene tali impressionanti dettagli, che all’inizio e alla fine della cronaca comunque si racconta di tempeste, di natura, di vita e di morte, ma anche di esseri umani, e che quindi, forse, in questo caso, ci si sentirà meno sconvolti. Si ringrazia chi vorrà affacciarsi senza alcuna preclusione, e soprattutto chi vorrà suggerire il nome del geco. Questo racconto vuole anche lasciare qui appeso al davanzale della finestra un estremo saluto ad eterna memoria del povero gatto.

Quando ci sono vento e pioggia forti, fuori dal nido d’aquila, ti pare di essere stato trascinato nell’occhio di una festa danzante di streghe: ulula il vento che si insinua tra i rami della mangueira; rovinano sul tetto calcinacci provenienti dalla parete rocciosa, coperchi dalle casse d’acqua e altri oggetti dalle abitazioni più alte; guaiscono i cani, e i rami della mangueira si dimenano, ora opponendosi a frustate alle folate di vento e agli scrosci di pioggia che volano in diagonale, sotto e sopra, ora lasciandosi da essi accompagnare nella loro danza. Imponente, il massiccio scosceso dei Dois Irmãos che sovrasta la favela Rocinha è solleticato da questo capriccio dell’atmosfera e dagli alberi che gli si piegano sul dorso come peli esposti ad una brezza marina, ed è testimone impassibile, indifferente a questa danza e ai piccoli accadimenti che essa provoca a suo cospetto.

Nei pressi del nido d’aquila è solita bazzicare una compagnia di gatti: saltano, si inseguono a vicenda, cacciano, gridano di notte mentre fanno l’amore, e mi proteggono dalle moltitudini di topi che volentieri verrebbero a dissetarsi nelle pozze d’acqua del mio terrazzo e si sfamerebbero di foglie secche, di qualche briciola che mi è sfuggita, dei rifiuti che i vicini di  casa abbandonano sulle scale e di chissà che cosa. Durante una tempesta che si abbatteva sulla favela come una danza di streghe, è caduta sul terrazzo del nido d’aquila una pietra grande e sopra alla pietra è caduta la tavola di legno grande che era appoggiata alla parete rocciosa; è caduta sopra alla pietra e sopra a una tavola di legno più piccola trafitta di chiodi arrugginiti. Purtroppo ho intravisto solo oggi, sotto alla tavola grande, dopo almeno due giorni che a causa della pioggia del vento e degli impegni non mi affacciavo a quell’angolo del nido d’aquila, la piccola testa, già sfigurata, e le zampe anteriori di uno dei gatti della combriccola, che forse è caduto appoggiandosi alla pietra pericolante e poi si è visto cadere addosso la tavola di legno, o forse si è ferito con i chiodi e poi è rimasto sotto alla pietra e alla tavola; non lo so. Non lo so quale dei gatti fosse; forse quello zoppo, troppo debole per contrastare la violenza di una danza  di streghe che gli si scaglia addosso. Forse è morto sul colpo, forse ha agonizzato per molto tempo; non so neanche questo. Era evidente che ha perso la vita lì sotto. Sollevando la tavola grande, si è rivelato il suo corpo già fatto a metà dalle mosche e dai vermi che lo avvolgevano. Gli avevano divorato le budella e parte delle zampe posteriori fino alle ossa, e stavano proseguendo senza sosta. Così ho passato parte della mia giornata a celebrare un funerale a quello che era rimasto del suo corpo e al suo spirito di favela, e a liberare dai vermi e dal putridume l’angolo del terrazzo che in questa occasione è stato luogo di morte. Togliendo la carcassa e versando del cloro sulla macchia di liquame che il banchetto aveva provocato, le mosche sono volate via e i vermi, prima a cumuli, bianchi, grassi e nervosi, ammassati l’uno sopra all’altro, si sono diradati e sono rimasti intontiti, e ora le formiche li stanno facendo a pezzi per portarseli nel formicaio. Solo dopo pochi minuti da quando ho appoggiato la tavola di legno alla parete di roccia mi sono accorto che da essa si stava generando una nuvola di insetti simili alle zanzare ma che zanzare non erano, apparentemente innocui. Spostando ancora la tavola, ho liberato il nido, un cilindro di meno di un centimetro di diametro costruito nella roccia, nel quale così tutti gli insetti sono spariti. Mentre gatti, vermi, formiche e insetti si divorano e si proteggono a vicenda, la Natura genera nuova vita: proprio nello stesso giorno e nello stesso luogo in cui ha usato la morte violenta per eliminare una delle sue creature, ha fatto avvenire una nuova nascita. Zezinho e Joaninha, i gechi che condividono la loro esistenza in verticale sui muri di mattoni e cemento del nido d’aquila, hanno partorito un piccolo geco, ancora fragile e ingenuo, al quale adesso bisogna dare un nome.

Tra l’indifferenza imponente del macigno dei Dois Irmãos e  quella dell’Imperatore che dà il volto alla Pedra da Gávea, in questa valle che cent’anni fa non era che foresta e palude, bisbigliano il vento e la pioggia, vengono schiacciati gli animali, cadono i ragazzi per le armi, le ragazze e i ragazzi per l’Aids e per la tubercolosi, gli adulti per l’alcol, per il crack e per una folata di vento, e alcuni di loro vengono sepolti nella foresta perché i vermi e le mosche li facciano sparire. Mentre tutto questo accade, in una fessura di una piccola asse di legno segnata da chiodi arrugginiti, l’umidità ha creato un nuovo bocciolo.

Dois Irmãos avvolto da una nuvola

Fuori dal nido d’aquila, nell’occhio della danza di streghe

La combriccola di gatti

L’angolo del “nido d’aquila” dove un gatto ha perso la vita

Il nido da dove si è generata una nuvola di insetti

Il figlio dei gechi Zezinho e Joaninha

L’asse chiodato

I chiodi arrugginiti

Un nuovo bocciolo

 

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