Nel corso di una notte buia, un bimbo piccolo dalla pelle nera è accucciato con i piedi scalzi per terra, le ginocchia piegate, il peso sulle caviglie, i gomiti appoggiati sulle cosce, il mento sorretto dai palmi delle mani; nei suoi occhi grandi si riflette una luce blu. Si trova lungo la estrada da Gávea, angolo con uno dei grovigli di vicoli che si sviluppano scoscesi nella favela Rocinha tra baracche una sovrapposta all’altra, mattoni, panni stesi, ragnatele, amianto, cemento, ferro, pietra, rivoli di acqua e fogna e topi; sta osservando da vicino e in rispettoso silenzio suo padre che, stanco di restare senz’acqua una volta alla settimana a causa della perdita di un tubo, stanco del tormento notturno dell’acqua che sprizza sul tetto di casa, consapevole che se non si improvvisa idraulico nessuno che faccia parte di un ipotetico servizio pubblico verrà in suo soccorso, si è finalmente deciso – nonostante la stanchezza di un giorno di lavoro – a risolvere il problema da sé, e si è armato di una saldatrice che ha ottenuto in prestito da un amico. Suo figlio piccolo, che ha il volto che a intermittenza si illumina di blu e si confonde con la notte, è elettrizzato da questa novità. La sua curiosità lo aiuterà a imparare fin da ora come si salda un tubo di ferro; così, quando lui sarà cresciuto mentre nulla attorno a lui sarà cambiato, potrà ripetere la riparazione che suo padre sta eseguendo in sua compagnia, assistito da suo figlio.