Camminando per le strade di sabbia di Caraiva dopo aver percorso un lungo viaggio, il passo è faticoso: si sente nelle gambe e nei pensieri il peso del genocidio dei corpi e delle culture che in questo luogo ha avuto inizio e che ancora viene perpetrato, nei luoghi turistici, nelle città, nelle favelas, a Rio de Janeiro come a Bahia. I prodotti di artigianato che vendono gli abitanti abituali di questo villaggio sono tutti uguali, fabbricati da chissà chi e distribuiti da chi assomiglia a un “nativo” ma che nativo non è affatto, perché è un discendente di un portoghese, di uno spagnolo, di un inglese o di un olandese, diventato un miserabile e dimenticato, che passa le giornate sperando che colui che lo ha riscoperto voglia portare nelle sue città un ricordo di questo viaggio.
Eppure, seduta su un prato a custodire uno di questi mercatini del legno – in questo caso formato dal dondolio dei rami di un albero e di una serie di fili a questi appesi a ciascuno dei quali sono aggrappati tre o quattro uccelli di legno colorato, della dimensione di un pugno, con una piccola elica al posto della coda, e decorati con piume, creature metà animale e metà velivolo che si lasciano far volare dal vento – c’è una bimba, Leggi il seguito di questo post »