un impiegato in favela

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Tracce di un bagliore, di un’eco lontana (ovvero, seconda e ultima parte dell’epilogo)

In Finestra sulla favela Rocinha, Oltre la favela Rocinha on 18 gennaio 2013 at 12:47

In viaggio verso Caraiva

Camminando per le strade di sabbia di Caraiva dopo aver percorso un lungo viaggio, il passo è faticoso: si sente nelle gambe e nei pensieri il peso del genocidio dei corpi e delle culture che in questo luogo ha avuto inizio e che ancora viene perpetrato, nei luoghi turistici, nelle città, nelle favelas, a Rio de Janeiro come a Bahia. I prodotti di artigianato che vendono gli abitanti abituali di questo villaggio sono tutti uguali, fabbricati da chissà chi e distribuiti da chi assomiglia a un “nativo” ma che nativo non è affatto, perché è un discendente di un portoghese, di uno spagnolo, di un inglese o di un olandese, diventato un miserabile e dimenticato, che passa le giornate sperando che colui che lo ha riscoperto voglia portare nelle sue città un ricordo di questo viaggio.

Eppure, seduta su un prato a custodire uno di questi mercatini del legno – in questo caso formato dal dondolio dei rami di un albero e di una serie di fili a questi appesi a ciascuno dei quali sono aggrappati tre o quattro uccelli di legno colorato, della dimensione di un pugno, con una piccola elica al posto della coda, e decorati con piume, creature metà animale e metà velivolo che si lasciano far volare dal  vento – c’è una bimba, Leggi il seguito di questo post »

Tracce di un bagliore, di un’eco lontana (ovvero, parte prima dell’epilogo)

In Finestra sulla favela Rocinha, Oltre la favela Rocinha on 17 gennaio 2013 at 15:20

La strada verso Caraiva, passando da Trancoso e Arraial d’Ajuda

È il primo gennaio del 2013 e i fari di un autobus che, salpando da Rio de Janeiro cinquecentoundici anni dopo la sedicente scoperta avvenuta a seguito dell’avvistamento dal posto di vedetta di una nave portoghese delle terre che in seguito sarebbero state raccolte in nazione sotto la denominazione “Brasile”, accompagnerà a nord i suoi passeggeri fino allo Stato  di Bahia, dove questi giungeranno dopo venti ore di viaggio, stanno fendendo l’oscurità di una notte profonda illuminando con un bagliore tenue una strada dall’asfalto consumato e dalla superficie irregolare, orfana di illuminazione artificiale così come della luce riflessa dalla luna e proiettata dalle stelle: la metropoli è ancora troppo vicina perché le si possa distinguere. L’autobus avanza sospeso sul mare mentre percorre il ponte che in 16 chilometri congiunge il centro della città di Rio de Janeiro al quartiere di Niterói; le onde appaiono vicine e irraggiungibili ai passeggeri che si affacciano alle vetrate del veicolo e le finestre sono gli oblò di una nave la cui carena sfiora appena la superficie dell’Oceano, come quella della barca azzurra che dall’Africa accompagna in una terra sconosciuta Yemanjá, costretta a coprire i suoi seni prima liberi e la sua coda di sirena con le vesti bianche e celesti di una divinità europea e cristiana. Il Cristo Redentore taglia di un bianco candido il nero pesto di una notte innaturale e volta le spalle ad una nave che è tornata ad essere mezzo di trasporto terrestre, avendo oltrepassato il ponte, essendosi lasciata indietro la composizione di luci gialle, bianche e arancioni provenienti dalle case e dai grattacieli della metropoli e dalle baracche delle favelas. Leggi il seguito di questo post »