Da Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno, di Un impiegato in favela (galleria fotografica di Un ricercatore in favela)
Fatmata Kamara l’ha investita la febbre alta, poi si è messa a sputare sangue, è stata spazzata via da un colpo di vento infernale e si è accartocciata che non aveva più di dodici anni. Era aprile dell’anno passato, del 2014, e non sapevamo che cosa fosse successo, e che cosa sarebbe successo dopo.
Dove viviamo noi non c’è elettricità, c’è una sola strada non asfaltata, non abbiamo generatori, non abbiamo automobili: molti dei nostri bimbi non ne hanno mai vista una. La prima è stata Alhaji Kanu, cinque anni. Chissà dove l’ha pescato, il virus. Ce l’ha portato nel villaggio gattonando nella polvere. Altri sono stati male. Fronte calda e sangue. Un giorno, per caso, è passato di qui un dottore. Ha visitato Mama Hawa Kamara, cinquant’anni, che si tormentava nella stessa febbre di Aljaji. Il dottore si è allontanato di colpo, poi si è messo a gridare al telefono. Ci ha detto che doveva andare perché nessuno gli credeva. Era giugno dell’anno passato?
Ramatu Kargbo se la sono portata via gli uomini mascherati che non aveva ancora fatto diciannove anni e aspettava il suo secondo figlio. Non l’abbiamo più rivista. Abbiamo pensato che gli uomini mascherati fossero bianchi venuti a spazzare via il villaggio per farci qualche aeroporto o qualche ferrovia, o qualche campo per la produzione del bioetanolo. Era luglio dell’anno passato.
A settembre è arrivato un esercito di opoto, tutti mascherati. Per le strade hanno cominciato a vedersi jeep e ambulanze. Il Presidente Koroma ha detto che si doveva chiudere tutto, si sono chiusi i bar e le aziende e le scuole, le chiese, i mercati. Hawa Kamara se n’è andata dopo un giorno di vita.
Mohamed Sheik Sesay, trentacinque anni, è tornato al villaggio. Se l’erano portato via gli uomini mascherati, ed è tornato indietro che pareva sano. Avevamo paura che potesse attaccarci quella maledizione, ma intanto si è portato dietro un sacco di riso e un materasso nuovo che gli avevano dato al centro di cura, e allora l’abbiamo preso indietro, insieme al riso e al materasso. Mohamed ci ha raccontato che gli uomini mascherati ti curano. Allora, per esempio, Memunatu Kamara, quindici anni, quando ha cominciato a sputare e cagare sangue, l’abbiamo mandata da loro. Dopo due settimane è tornata sana pure lei. Allora abbiamo cominciato a presentarci al cancello del centro più vicino appena la pelle si surriscaldava. Adesso il problema era che qualche volta i letti li trovavamo tutti occupati, e allora passavamo la notte là fuori, nell’attesa che un letto si liberasse. Chi l’aveva occupato poteva essere uscito dal cancello davanti o da quello là dietro.
Anche Musu Koroma è tornata, ha vent’anni. Adesso sta meglio di prima, ma dice che ha il mal di testa forte, che le fanno male le ginocchia e dice che non vede più bene come prima. Aminata Bangura aveva cinque anni, se la sono portata via gli uomini mascherati che era ormai gennaio di quest’anno. Lei no, non è tornata più.
Suliman Kamara aveva la camiciola beige con le vele e e i pantaloncini, e se n’è andato che sembrava un bambolotto.
Osman Kamara non è tornato,
Isatu Kamara
Memuna Sesay
Alpha Bangura
Ishmail Koroma
Rabiatu Sesay
Baby Conteh
13 giorni senza nuovi infetti per dichiarare l’ebola finita in Sierra Leone. 3 giorni al rimpatrio di Un impiegato in favela. Il capitolo Finestra sulla Sierra Leone Il ritorno chiuderà dopo il consueto ultimo racconto e dopo una novità. Finestra sulla favela resterà aperta ancora per qualche tempo sull’area rurale sierraleonese, con Finestra sulla terra di Un ricercatore in favela, che qui ha gentilmente concesso una galleria fotografica alla memoria, eccola qui.