Che cosa ne sai di una goccia di sudore? Della sua densità di crema che riaffiora spingendo tra le pareti dei pori, che ne sai del suo odore acre?
Che cosa vuoi saperne di un’onda sonora dirompente sconclusionata e senza fine che ti trapana e che ti gratta i timpani; del fumo nero dei tubi di scarico che dirompe nelle vie respiratorie, mentre stai incatenato in una strada che ti ha portato in mezzo a un enorme mercato, con il camion dell’immondizia che ti si erge di fronte, cavalcato da due uomini che dominano altitudini di rifiuti indossando con orgoglio la luccicante divisa costellata di macchie petrolio; e, dietro a quella che guidi, altre auto, e di fianco due moto incastrate tra i banchetti delle verdure, delle arachidi, della frutta, degli orologi, dei secchi di plastica, dei polli infranti e dei pesci squartati. Banchetti con altra mercanzia rossa, verde, gialla, viola, e tappeti appoggiati sul marciapiede che accolgono verdura che sta per marcire, sulla destra e sulla sinistra; file di banchetti e tappeti ricolmi di merce che si ripetono in profondità all’infinito come immagini riflesse da una coppia di specchi che stanno uno di fronte all’altro.
Lo sfrigolio del rigagnolo putrido e viola che scorre denso ai lati della strada l’hai già sentito? L’hai già sentito da qualche parte o è nuovo? I commercianti stanno ore e ore a cavalcioni su quei canali, e le loro gocce di sudore vi cadono dentro. Che cosa sai, e che cosa vuoi sapere di quello sfrigolio? Come puoi fissare un colore? I colori si alternano veloce come in un film orientale mandato a doppia velocità, e si scagliano contro il grigio dei cantieri abbandonati, il grigio delle pareti di cemento scarne chiuse dentro a gabbie di tronchi affaticati, il grigio del legno marcio e della melma scomposta dell’immondizia abbandonata. Che ne sai quanto nero può essere il nero di una nuvola di fumo che avvolge te e i bimbi e gli adulti che trasportano sulla testa chili di carbone, divincolando per un soffio le gambe sottili dalle cinghie di un tir che trasporta due ruspe cinesi e che sfonda una pila di gomme che era stata ordinata ai margini della strada dal gommista che ora implora disperato di non schiacciargli le sue gomme, mentre il tir avanza inesorabile sporgendosi dall’uscita del vicolo, e mentre dall’altra direzione arriva a tutta velocità e a vele spiegate il camion dei pompieri.
Che ne sai di una goccia di sudore?
L’ebola sta finendo, sta finendo ancora. All’ospedale c’è rimasta una bimba di pochi mesi tirata per i capelli dal dottore. Sua mamma, giovanissima, se n’è già andata da una settimana. La bimba ora non c’è già più. L’ebola sta finendo e la gente può tornare in strada, e il mercato può stare aperto fino alle sei. I mutilati della guerra di qualche anno fa sono tornati a fare l’elemosina a margine della piazza grande, all’ombra dell’albero gigante.
Che cosa vuoi saperne di una goccia di sudore e del suo odore, e del rumore che fa quando si infrange in un rigagnolo che scorre sotto l’albero di cotone all’ombra del quale per la prima volta ci siamo addormentati uomini liberi?
The Cotton Tree is a Ceiba pentandra, a historic symbol of Freetown, the capital city of Sierra Leone. According to legend, the “Cotton Tree” gained importance in 1792 when a group of former African American slaves, who had gained their freedom by fighting for the British during the American War of Independence, settled the site of modern Freetown. These Black Loyalist settlers, called “Nova Scotians” or “Navitians” in Sierra Leone, founded Freetown on March 11th 1792.
According to tradition, they landed on the shoreline and walked up to a giant tree just above the bay and held a thanksgiving service there, gathering around the tree in a large group and praying and singing hymns to thank God for their deliverance to a free land. Its exact age is unknown, but it is known to have existed in 1787.
Today, a huge Cotton Tree stands in the oldest part of Freetown near the Supreme Court building, music club building and the National Museum. Sierra Leonians believe that this very tree was where the Nova Scotian settlers prayed more than two hundreds years ago, and they regard it as the symbol of their capital city. Sierra Leonians still pray and make offerings to the ancestors for peace and prosperity beneath the great ancestry Cotton Tree. This was especially true during the Sierra Leone civil war (1991–2002).
(Da Wikipedia)