un impiegato in favela

Non siamo santi né eroi

In Finestra sulla favela Rocinha, Oltre la favela Rocinha on 14 febbraio 2014 at 10:13

Missione: consegnare un calendario de Il Sorriso dei miei Bimbi a Copacabana.
Mezzo: motorino di favela, con documenti di favela.
Ostacolo: la polizia.

Non c’è niente di meglio, in una giornata molto calda, che lasciarsi andare incontro al vento che ti solletica le guance e ti solleva la maglietta per farla volare come il mantello di un super-eroe. Con il motorino poi, addestrato agli slalom estremi che le strade di favela ti impongono, eviti buona parte del traffico, e se scegli di passare dal lungomare, mentre procedi, di tanto in tanto, puoi gettare uno sguardo all’oceano.

Scendi giù dalla estrada da Gávea, tra gli autobus enormi e i moto-taxi che ti scavalcano da ogni lato, passi sotto al viadotto, imbocchi il un viale alberato di São Conrado, procedi fino a che la vista non ti si apre al mare infinito. Laggiù, a spezzare le onde, ci sono le piccole isole dalla cima dolce. Le più belle sono le due che stanno una accanto all’altra, una  più grande e una  più piccola, che disegnano rispettivamente il dorso e la coda di una balena, che, emergendo maestosa dalla superficie del mare, interrompe la linea dell’orizzonte.

Prosegui risalendo la collina dei Dois Irmãos, dall’altro lato rispetto alla Rocinha, fino a che sulla sinistra ti ritrovi la favela di Vidigal, quella che visitò Giovanni Paolo II negli anni ottanta, e che adesso è conosciuta come la favela degli intellettuali e degli artisti; e sulla destra lo Sheraton e uno strapiombo sul mare. Ridiscendi la collina e sei a Leblon, che prosegue con Ipanema: si susseguono il posto delle famiglie con figli piccoli, quello degli sportivi famosi e dei paparazzi, quello dei gli omosessuali, e quello degli artisti e degli intellettuali degli anni settanta, di Tropicalia, della bossa nova e della garota de Ipanema.

Percorri il lungo viale dritto, fino al promontorio di Arpoador, e qui svolti verso Copacabana, dal mare più calmo, perché protetto dalla baia, e dalla spiaggia immensa. Si affacciano ad essa gli alberghi di lusso e i grattacieli dalle facciate a specchio, sulle quali, a Capodanno, raddoppiano i fuochi d’artificio, che a mezzanotte spuntano dal centro del mare, a salutare Yemajá e il nuovo anno.

Svolti che sei già quasi a Leme, rientri in una parallela al lungomare, e la tua destinazione finale non è lontana, ma ti blocca la paletta della polizia.

– Documenti prego.
– Buongiorno, ecco la patente, ed ecco il libretto.
– Il libretto è scaduto, vede? Scadenza al 2011.
– Ma ci manca solo, no, no, guardi qui, ce ne sono altri, ecco.
– Questo ha scadenza 2012.
– Non è possibile. Senta, deve essermi sfuggito da qualche parte, poi la moto non è mia, è della associazione per la quale lavoro. Sto lavorando, sa… – ma l’agente sembra non essere interessato alla cooperazione internazionale e si apparta con un collega. Attendo fiducioso mentre quest’ultimo mi si avvicina impugnando la mia patente.
– Senta, e la traduzione?
– Guardi, non ce l’ho la traduzione, sono con il visto di lavoro io, sono da poco in Brasile, sto aspettando la carta d’identità brasiliana; sa com’è, la burocrazia, se vuole ho qui quella italiana e la fotocopia del passaporto, – se avessi avuto un certificato di nascita gli avrei proposto pure quello, perché la verità è che lo sapevo che serve la traduzione della patente, ma non si ha mai tempo e voglia di occuparsi di certe questioni, e poi io abito in un luogo che ufficialmente non esiste neanche, per dio, – ecco, vede, ecco la fotocopia del passaporto, ho il visto, è tutto regolare.
– Da quanto tempo è in Brasile, signore?
– Da qualche… da un po’ di settimane… da poco insomma.
– Sì ma da quando?
– Praticamente da… più o meno… da agosto sa… il tempo vola, não é? Ah muito calor, né?
L’agente strabuzza gli occhi come a dirmi: “da agosto e non hai ancora tradotto la patente?!” Io rispondo al suo sguardo con gli occhi da cane bastonato, come a dire: “suvvia, non facciamo i fiscali”, e intanto ripenso al momento in cui ho scelto di imboccare la parallela anziché rientrare sul lungomare, e a quando, al semaforo, avrei potuto tagliare direttamente verso la via esatta dove dovevo andare, ma mi sono lasciato incuriosire da un’altra via, e penso che da qualche anno il Governo promuove l’operazione “lei seca”, che  intende far rispettare la legge in strada senza compromessi, e mi torna in mente con particolare affetto il sostenitore che ha richiesto che gli portassi a casa il calendario.

Intanto che pensavo a queste cose, i due agenti mi invitavano a venire a parte, e con i documenti in mano mi si rivolgevano con un nuovo quesito:
– Senti, pode oferecer uma cerveja para a gente?
– Scusi?
– Se riesci a offrirci una birretta…
– …come no! – e già tiravo da fuori il portafogli, perché del super-eroe oggi mi sentivo di aver avuto già il mantello svolazzante sul lungomare, e tanto mi era bastato; ma gli agenti mi intimavano di rimettere a posto il portafogli ché dava all’occhio, e proseguivano ammiccanti:
– Quanto hai da darci?
– Ehm, dunque, ho fatto benzina prima, porca miseria… dovrei avere trenta reais
– Trenta reais?
– Sì.
Vai embora vai, va’, prendi il motorino e va’ via.
– Scusi sa, la prossima volta esco con più soldi. – Ma questo l’ho solo pensato, mentre montavo sul motorino, sorpassavo un ragazzo che girava in mezzo alla strada a piedi con un divano enorme su un montacarichi, e andavo dritto a concludere la mia consegna.

Ho fatto un bellissimo giro in moto sul lungomare più famoso del mondo con il libretto da registrare (ma la tassa era pagata, era solo da registrare, e comunque la registrazione andava fatta), e la patente non tradotta. Due poliziotti mi hanno fermato e poi mi hanno lasciato andare, non prima di aver tentato di estorcermi dei soldi, e di avermi guardato come un pezzente perché ne avevo con me troppo pochi; anche se, quanto meno in favela, con 30 reais, di birre se ne bevono più di una.

Comunque, fosse solo questo. La prossima storia racconterà di quello che la polizia militare ha fatto e sta facendo nelle favelas di Rio de Janeiro nell’ultimo periodo, legittimamente.

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