“Vai più piano fratello!”
“Scusi può tenermi questo?”
Un ragazzo camminava veloce davanti al ristorante di Dida. Julio lo prendeva in giro. Tornavamo a casa dopo un aperitivo da Dida, io e Julio, mentre era quasi notte e c’era un vento freddo su in cima alla collina, vicino all’entrata della rua um, perché l’estate quest’anno ha deciso di arrivare tardi. Appena abbiamo svoltato l’angolo, alla fine del marciapiede, appena dietro all’albero incassato nel marciapiede, un poliziotto ha messo in mano a Julio un salgado e una bicchiere con di refresco dal colore scuro – un guaraná forse – per liberarsi le mani, estrarre la pistola e puntarla addosso a un uomo schiacciato sul cofano di un’auto da un altro poliziotto.
Il ragazzo di prima camminava veloce per andare a stringersi attorno al fermo insieme ad altra gente, un poliziotto tiene per un braccio un uomo robusto con gli occhi rosso fuoco e lo costringe sul cofano, Julio sta lì di fianco con lo spuntino e il guaraná in mano facendo del suo meglio per restare serio e non lasciarsi scappare una risata; io sto di fianco a Julio e squadro la pistola, e mi chiedo che bisogno ci sia di puntare la pistola addosso a un uomo che è già stato bloccato. Sul cofano dell’auto c’è una giacca di jeans che i poliziotti scuotono nervosamente.
“É metira, é mentira!!”, “è una bugia, è una bugia!!”, continuava a dire l’uomo, e lo ripeteva continuamente ma senza nessuna ansia, apparentemente indifferente alla pistola e alla divisa. Intanto un altro uomo, di fianco all’agente con la pistola in mano, gli raccontava qualcosa in modo concitato e incomprensibile.
Il poliziotto che tiene per un braccio il sospettato, tira fuori le manette e le apre con qualche difficoltà, dovendo farlo con una mano sola. Quando ci riesce, prova a centrare il polso dell’uomo ma gli centra in pieno l’omero con il metallo, producendo un suono sordo e ammaccando il cofano dell’auto e forse anche l’omero. L’uomo bloccato sul cofano prova ad aiutare il poliziotto e alla fine riesce a farsi ammanettare, forse per evitare di essere preso ancora a colpi di manette, e intanto continua a recitare senza convinzione la sua filastrocca: “É metira, é mentira!!”.
Mentre un poliziotto portava via l’arrestato, il collega infilava la pistola nella fondina e si riprendeva panino e bibita dalle mani di Julio, ringraziando. La giacca di jeans era rimasta sul cofano e le persone che stavano attorno a fare la guardia ai poliziotti si misero a perquisirla a loro volta e la lanciarono in mezzo alla strada, aspettando che un autobus e poi un’auto ci passassero sopra. Dopo ripresero la giacca e la tastarono ancora e alla fine la lasciarono dov’era. I due poliziotti e il malcapitato erano ormai lontani, io e Julio entrammo in un beco per riprendere il cammino verso casa, e Julio esplose in una risata.
“È da ridere no?”
“Sì, ma che è successo Julio? Non c’ho capito ‘na sega.”
“Il tipo ha comprato un mobile in quel negozio e non gli andava bene o forse non aveva soldi per pagarlo, così è tornato dal proprietario a lamentarsi. Il proprietario, che era il tipo tutto agitato che parlava, ha visto passare la polizia e l’ha chiamata.”
“Sì ma che ha fatto, Julio?”
“Si è lamentato con il proprietario.”
“Sì Julio, ma gli puntavano addosso una pistola.”
“Perché lui si è lamentato con il coltello. Deve essere del nord.”
“Del nord?”
“Sì, la gente del nord si lamenta con il coltello.”
La risata di una ragazza giovane irruppe da un angolo buio: “hai tenuto la merenda alla polizia!”
“Che ci posso fare? Passavo per caso e il cara della polizia mi ha chiesto di tenergli il panino”, rispose Julio ridendo a sua volta.
“Julio, ma la giacca? Perché l’hanno lanciata in strada?”
“Per controllare se c’era o non c’era il coltello.”