La Città di Dio è una favela di Rio de Janeiro che si sviluppa in pianura e sembra essere stata abbandonata dagli uomini, una città deserta, al contrario di ciò che un impiegato occidentale si aspetterebbe dopo aver visto il film di fama internazionale che qui dichiara di essere ambientato.
Come racconta questo film, la favela nasce negli anni ’60 come iniziativa della dittatura militare che qui mandò ad abitare gli abitanti più poveri residenti nelle barraccopoli di alcuni quartieri di Rio destinati ad altre classi sociali, come Lagoa e Jacarepaguà. Così facendo il regime si assicurò che questa gente si tenesse lontana dai quartieri della ricca borghesia affinché questi ultimi fossero rivalutati. Alcune favelas che si erano sviluppate nel centro della città furono così smantellate e ne fu creata una nuova, in periferia, la Città di Dio.Per questo, essendo stata costruita seguendo un progetto governativo al contrario di quanto è accaduto per le altre favelas sulle quali si è affacciata questa finestra, Cidade de Deus ha le strade dritte, i quartieri organizzati a lotti e gli isolati quadrati come quelli delle città italiane che hanno avuto origine da un accampamento militare dell’antica Roma. Le case di Cidade de Deus sono come quelle della Rocinha di qualche decade fa: un cortile e un orto attorno (in portoghese, orto si dice roça, da cui rocinha, “piccolo orto”); possono svilupparsi su due piani e la scala di accesso al piano superiore è sempre esterna e contribuisce alla facciata, il tetto spiovente è fatto di tegole sorrette da travi di legno, il tutto visibile dagli interni, in assenza di altro soffitto che non sia quello formato dalle tegole stesse; le pareti esterne come quelle interne sono tappezzate di colori vari e vivi.
Se sei abituato alla Rocinha, la prima cosa che noti è che nelle strade non c’è gente che passa che corre che parla che passeggia che lavora che beve che ride che canta, non ci sono neanche auto né moto che rombano, non c’è musica a massimo volume dai cortili e dai bar, non ci sono gli aquiloni che partono dai tetti. Se a Cidade de Deus ti ci accompagna Julio, che a Rocinha ci vive da quando è un ragazzino, ma da bambino ha vissuto qui, ti senti dire che non ci si ferma mai molto tempo, perché è troppo silenzioso, non c’è nessuno per le strade e gli sembra la città di un morto più che di un dio.
Il primo sussulto arriva se ti fermi a raccogliere un frutto che in Europa non c’è e che sembra una nespola da fuori, ma è più aspro; vuoi assaggiarlo, così lo rubi da un ramo che spunta da uno dei cortili, ma ti senti rimproverare da un grido che arriva da un cantiere che si sviluppa alle tue spalle. Anche Julio vive un brivido, perché da bambino, a Cidade de Deus, rubava i frutti dagli alberi e un urlo come questo era segno che era giunto il momento di volare via. L’uomo ti raggiunge e gli spieghi che veniamo da fuori (siamo gringos) e che volevamo solo assaggiare il frutto, ma lui non ti ascolta e suona il citofono di quel cortile (a proposito, questa è un’altra differenza tra Cidade de Deus e la favela del piccolo orto: a Rocinha i citofoni propriamente detti non esistono e ti arrangi chiamando a gran voce il nome della persona che cerchi, e con la confusione che c’è in giro, via di diaframma!). Dal cortile esce il padrone di casa, che, dopo aver parlato con l’uomo che sembrava ti rimproverasse, ti invita ad entrare e non ti lascia andare via fino a che non ti ha riempito le mani di quei piccoli frutti. Solo dopo che a fatica sei riuscito a convincere questo signore orgoglioso della sua frutta che, davvero, ti basta così e che le mani e le tasche sono ormai piene, puoi proseguire la conoscenza di Cidade de Deus, snocciolando.
La Città di Dio si trova a sud del quartiere di Barra da Tijuca, il quartiere più ricco e internazionale di Rio de Janeiro: su una vasta pianura si susseguono grattacieli moderni, cantieri in continuo divenire e centri commerciali francesi e americani; le auto sono quelle che vedi nelle zone più ricche delle città della vecchia Europa e ti sembra di essere uscito dal Brasile, o almeno da quel Brasile che sei abituato a vedere affacciato alla tua finestra. La Città di Dio ha lo scheletro composto da strade polverose, ai lati i cumuli di rifiuti; la sua arteria è un largo canale artificiale che costituisce la fogna, a cielo aperto; ci passano i topi e può capitare di vederci parcheggiato un airone stanco. La Città di Dio è secca e calda: si trova nell’entroterra della città, distante dal mare; in questa zona si vedono cavalli selvaggi che rovistano nell’immondizia come cani randagi. C’è una baracca di legno con il tetto di alluminio, di fianco alla strada larga dove sfrecciano le auto dei ricchi; la baracca giace sotto il passante pedonale, di fianco a una discarica a cielo aperto. Qualche bastone di legno è stato conficcato nel giardino di sabbia che la circonda, a tracciare il confine di un cortile di pochi metri quadri, le pareti della baracca sono colorate di azzurro e qualcuno ci ha disegnato sopra dei fiori. La Città di Dio è una terra povera, desolata e ricca di umanità.
PS questo articolo è stato oggetto di una correzione in corsa, riguardante le motivazioni storiche della nascita della favela Cidade de Deus (cfr. le prime righe): in una prima versione si è parlato di migrazione rurale nordestina, che in effetti ha invece indotto la nascita o la crescita di altre favelas di Rio, quali Rio das Pedras.
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Muchas gracias. ?Como puedo iniciar sesion?
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