Da Finestra sulla terra, di Un ricercatore in favela
Mancano 8 giorni senza nuovi infetti per dichiarare finita l’epidemia di ebola in Sierra Leone. I segnali che l’epidemia è sotto controllo e che la fine del tunnel è più vicina aumentano. Sabato scorso a Makeni c’è stato l’ultimo, è stata recuperata l’edizione annuale della Street Child Sierra Leone Marathon, un appuntamento sportivo unico nel paese.
L’evento richiama ogni anno a Makeni atleti locali, espatriati corridori della domenica e atleti di livello amatoriale provenienti apposta dall’Europa per una maratona fuori dagli schemi. Il percorso è tutto per strade sterrate, su terra e per campi (e viste le piogge recenti va aggiunta anche una buona dose di fango), attraverso villaggi rurali, piantagioni, foresta equatoriale e piantagioni di riso, cassava e palme. La manifestazione non prevede solo la distanza di 42,195 metri ma anche una mezza maratona, e due percorsi cittadini di 5 e 10 km. La Sierra Leone Marathon era diventata negli ultimi anni un appuntamento fisso ma l’ultima edizione era stata cancellata a causa di ebola, come del resto molte altre attività del Paese.
Ora che l’epidemia è finalmente sotto controllo anche la maratona è ripresa, un bel segnale per i cittadini di Makeni, e il paese in generale. L’appuntamento era alle 5.30 del mattino al Wusum Stadium, per tentare di sfruttare le ore più fresche della giornata.
L’aria che si respirava era in effetti quella delle occasioni dal significato particolare, e in questo caso il significato era quello di uno scatto in avanti, il passaggio di un ulteriore traguardo lungo la strada della ripartenza dopo l’epidemia. Che fosse un’occasione particolare lo si è capito anche dalla presenza alla partenza del Presidente Ernest Bai Koroma, che nella cerimonia formale di apertura della manifestazione, accompagnato dalla base dell’inno nazionale, si è sbilanciato con parole di marcato ottimismo sulla fine di ebola prima di prendere parte alla stracittadina di 5 km, più o meno come tutti gli altri non fosse stato per il nutrito seguito che aveva tutt’attorno (scorta, soldati, medici, corte, sostenitori, etc.) che tappava un po’ il passaggio agli altri podisti!
Lungo le strade la gente accorsa ha partecipato attivamente e si è divertita sostenendo i concorrenti (specie i bianchi, a suon di “opoto, opoto!”), salutandoli e ringraziandoli uno a uno sempre e comunque, come da prassi sierraleonese.
Per i sierraleonesi ci sono alcune cose letteralmente contagiose per le quali impazziscono, ad esempio la musica e il ballo. Lo sport è senza dubbio un’altra di queste, in particolare calcio e corsa. Tutte queste sono credo accomunate dal fatto di possedere un linguaggio universale, comune, non vincolato a una lingua particolare, che oltrepassa le barriere geografiche, fisiche e linguistiche. Questo significa che quando si corre non ci sono barriere o muri, si è tutti fratelli, liberi, si suda e fatica ugualmente, si condivide, si gioca. Questo è quello che è successo a Makeni. Partecipano tutti, chi con divise riadattate e improbabili, chi con scarpe rattoppate, anche chi non ha le scarpe, scalzi, come Abebe Bikila. Alhassan il driver ha riso per tutta la corsa perchè lugo il percorso riconosceva e superava i suoi amici che correvano in maniera appesantita o impacciata per la stanchezza.
La maratona è stata vinta da un atleta locale di cui non so il nome, con il tempo di 2h27′, una prestazione di tutto rispetto considerate le condizioni climatiche e il percorso perlopiù su sterrati. Il primo atleta opoto è giunto 6° in 2’59’’. La prima donna ha chiuso in 3h30, visibilmente affaticata e per questo accompagnata negli ultimi km da una ventina di spettatori (ragazzi, adulti e bambini) che vedendola transitare si sono via via uniti a lei nella corsa sostenendola. L’episodio forse ricorda alla lontana l’arrivo di Dorando Pietri nella maratona dei Giochi Olimpici di Londra (1908) ma non credo qualcuno dei presenti conoscesse il fatto! Più semplicemente una scena così non si è mai vista nelle competizioni ortodosse ma qui dove l’ortodossia conta poco e dove tutto viene fatto secondo istinto e un po’ “così come viene” mi è sembrata una conclusione quasi naturale, come il correre. Anche questa è l’Africa e gli africani.
Mancano 8 giorni senza nuovi infetti per dichiarare finita l’epidemia di ebola in Sierra Leone. A proposito di corsa, di ebola, di terra e di Sierra Leone, per chi desiderasse non rimanere solo affacciato alla finestra ma sostenere concretamente i contadini sierraleonesi a rialzarsi dopo ebola, la Finestra sulla terra invita i lettori a conoscere il progetto “Un cuore per la Sierra Leone“, e sostenerlo donando a “Corro per…una nuova vita dopo l’Ebola“! Ci sono tante ragioni e modi diversi per correre, questo è per dare ai contadini sierraleonesi una occasione di ripartenza grazie alla terra e alla coltura dell’anacardio.