João, José, Jesus, Mané, Tião, Lelé, Xangô, Bené. Questi i nomi citati in un invito alla vita cantato da Seu Jorge. Questi i nomi che, affacciandosi alla finestra sulla favela, si sentono richiamare perché non siano citati i veri nomi delle persone che vivono ciò che si racconta. Le persone e le storie restano vere, i nomi sono quelli di Seu Jorge. I nomi quelli di una canzone, le storie quelle che si vedono dalla finestra. Affacciandosi alla finestra, questa notte, si sente chiamare il nome di Bené.
UPP è la sigla che sta per Unidade de Policia Pacificadora, Unità di Polizia Pacificatrice. Dietro la sigla un esercito di polizia militare specializzata che, per iniziativa del Governo, a partire dal 2010, ha preso il controllo del territorio di alcune favelas di Rio de Janeiro, dopo sessant’anni di autarchia e quarant’anni di potere parallelo dell’esercito del narcotraffico.
Una sera la madre di Bené litiga con la vicina di casa e questa chiama la polizia inventando che quella l’aveva aggredita. In Brasile la polizia non può arrestare se non per flagranza di reato, così la vicina di casa della madre di Bené, che lo sa, aspetta che la polizia arrivi e si nasconda dietro l’angolo, e comincia a provocare la madre di Bené. Questa, di fronte a provocazioni esagerate e non sapendo che la polizia è dietro l’angolo, reagisce agguantando una pentola e attentando alla rotondità del capo della vicina di casa. La polizia esce dall’angolo buio e l’arresta.
Il padre di Bené non si vede da chissà quanto tempo, così Bené, bimba timida e rotonda di dieci anni, dalla pelle scura, gli occhi rotondi e i capelli ricci, in una domenica distante da questa notte tormentata, resta delusa di non poter lasciarsi andare a vivere la sua grande passione per il mare non potendo raggiungerlo nonostante dal mare casa sua resti a dieci a minuti a piedi; non può raggiungerlo perché non è in età di andarci da sola e perché nessuno l’accompagna. Ti può capitare di incontrarla per strada, timida e malinconica, e ti chiede che cosa stai facendo, e se le rispondi che stai andando al mare, si apre in un raro sorriso, Bené, e dichiara il suo amore per il mare. Tu non ci pensi, che potresti essere proprio tu ad accompagnarla, e la lasci andare via verso casa con il viso di nuovo rabbuiato.
Una sera la madre di Bené litiga con la vicina e la polizia entra in casa per arrestarla; Bené vive sola con sua madre ed è testimone di tutta la vicenda. La polizia, prima di arrestare sua madre per una sola notte, le ordina di starsene buona e di smettere di piangere, e le grida addosso Piranha!!!. (Piranha è il nome di un pesce carnivoro e nello slang di favela vuol dire Puttana). Il giorno dopo Bené preferisce non andare a scuola.
Parte della popolazione non riesce ad accettare con animo sereno la presenza nelle strade delle divise che nei cent’anni di abbandono hanno vestito i corpi di chi ha sfondato le porte, puntato i fucili, torturato e ucciso bambini, giovani e adulti innocenti… ma questa è un’altra storia.
Affacciandosi alla finestra, questa notte, si sente chiamare il nome di Bené e Bené invoca il nome di chi vi si affaccia.