Finalmente ci scrosciano addosso fiotti d’acqua, e per le strade scorrono fiumi grigi: grigi quando provengono dalle fogne, e rossi di terra roça quando dai cantieri all’aperto. Risali, e più risali e più ti stringe l’abbraccio di una nuvola grigia; fino a che ci pare che ci sia caduto il cielo sulla testa. Siamo tutt’uno con i fiotti che si insinuano tra le caviglie e tra le dita dei piedi quando andiamo in havaianas o in moto, mentre corriamo a rifugiarci a casa, dove, chi potrà concedersi questo lusso, resterà immobile fino a che non spioverà. D’altra parte, le scadenze, gli impegni di lavoro? È autunno, e possiamo forse per una volta rimandare tutto a domani. Anche perché ci sono cose che, quando diluvia, proprio não dá para fazer, proprio non c’è verso di fare. A casa manca l’acqua. Doccia a secchiate per chi ha la cassa d’acqua di riserva, e niente doccia per chi non ce l’ha, o per chi non ha il secchio; ma tutti hanno il secchio. Sta di fatto che c’è troppa acqua fuori e troppo poca dentro. Salta la corrente, e da queste parti restiamo al buio. Però la pioggia che batte di fuori trascina le vibrazioni di una parete che sta là in fondo, in mezzo alla valle, per diffondere all’infinito e ovunque una canzone, che ora si insinua nel biancore della nuvola, e ci unisce, per festeggiare l’avvento dell’autunno.