un impiegato in favela

Garagem das Letras, il Garage Letterario

In Finestra sulla favela Rocinha, Garagem das Letras, Storie di Pacificazione on 4 aprile 2014 at 03:00

Alba della favela Rocinha #Finestrasullafavela

La mia vita non è stata lunga e non durerà ancora molto. Non ho studiato, ma una cosa la so: non mi resta molto da vivere. Non certo e non solo perché ho cominciato a fumare che avevo dieci anni, come dice quel gringo; non certo e non solo perché mangio male, come dice sempre quello là. Ora vedo chiaro. Sono nato correndo per questo vicolo dove mi trovo ancora adesso, facendo la posta con la morte sul volto. Non ho studiato e credo che non sono intelligente; ma qualcosa la so.

So che quando era il momento di sognare, qualche anno fa, ho intravisto in un vicolo buio uno che era come sono io adesso. Si portava un’arma come quella che porto adesso io sotto la maglietta del Mengo; ed è stato quel tipo il mio sogno.

Mio padre ha smesso di bere cachaça dietro a quell’angolo là: si è cagato addosso ed è morto. Che poi io non me lo ricordo neanche com’era mio  padre, ma immagino che sia stato così, come quelli che bazzicano da queste parti: sudato e senza denti. Qui ci sono anche gli altri, quelli che sudano, che si svegliano all’alba, che fanno gli schiavi e che non parlano mai. Mio padre non era certo così, e anche se fosse stato così, non sarebbe stato il mio sogno.

Uuuh, me lo ricordo, sì, me lo ricordo ancora adesso, di quando mi svegliavo tra le braccia di mia madre, sudata di paura, perché erano le sei e venticinque e sparavano. Gli spari si sentono dappertutto come se capitassero a due passi anche se capitano da un’altra parte: si sentono come si sono sentiti questa mattina; ma in quegli anni, quando ero piccolo, una decina di anni fa credo… non lo so, ho perso il  conto… capitavano proprio dietro al muro di casa, come sono capitati questa mattina qua dietro. Poi passava tutto, e tutto tornava come prima. Mio padre e quelli come lui sudavano per la cachaça, e tutti gli altri tenevano duro. Qualche volta uno veniva fulminato… sai che intendo, no? Qualcun altro era preso dagli stessi che la notte prima se ne stavano là all’angolo a tirare di boa. Lui non moriva mai, e io speravo che fosse preso, così almeno sarebbe rimasto vivo più a lungo. Lui era il mio sogno. Ora il mio sogno è morire da gladiatore, e non finire preso per passare il resto dei miei giorni a Bangu 5. Però stamattina presto, all’alba, ho aperto la finestra, prima di andare a lavoro, e ho visto che quel posto là in fondo – sai? – il garage… pare che si sta trasformando in qualcosa di diverso. Oggi sogno anche che qualcuno dei miei figli possa un giorno avere sogni diversi.

Garagem das letras favela Rocinha Il Sorriso dei miei Bimbi Onlus #Finestrasullafavela

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