La zona che prende il nome di rua do rato molhado (la strada del ratto bagnato) parte da una traversa della rua 3. Il groviglio di vicoli, di muri e di scale scomposte, dagli scalini asimmetrici che ti vedi salire e scendere di fronte, sulla testa e sotto ai piedi mentre ne percorri un’altra, è parte di uno scenario di urbanizzazione abusiva e tollerata, parte di una favela, che percorri circondato dal suono dello scrosciare di un fiume che ti pare quello di un ruscello di montagna fino a che non ti ci trovi sopra di un paio di metri, percorrendo un ponte largo tanto quanto basta per farci passare un adulto o due o tre bambini, di cemento armato, con o senza protezione, o composto di un paio di travi di legno appoggiate una di fianco all’altra; su uno di questi ponti devi ritrovarti, per renderti conto che quello scrosciare viene da una fogna a cielo aperto. I rivoli che la compongono partono dalla cima della collina, vengono rafforzati dalle perdite dei tubi che trovano lungo il loro corso, e alla fine si riversano in un canale nella bassa Rocinha, probabilmente per andare a morire in mare. Si tratta dell’unica forma di fogna esistente in favela e non copre che una porzione del territorio. A volte lo scorrere si fa più vorticoso per l’accumularsi di bottiglie di plastica ed elettrodomestici e i topi si inerpicano tra questi ostacoli; a volte hai la sensazione che ti stia facendo una doccia, nella fogna, quando te la trovi che ti circonda e ti senti le gocce battere sulla fronte; ma è solo una sensazione: di solito le gocce vengono dai panni stesi o da un tubo di acqua che perde. I vicoli sono umidi, lo spessore delle awaianas mantiene i piedi a distanza dal liquido che scorre per terra.
Lungo il percorso della rua do rato molhado, se ci passi con Barbara, può darsi che lei ti porti a conoscere le famiglie dei ragazzi che qui abitano e che ha seguito negli anni attraverso i progetti sociali da lei promossi.
Xangô (*) – un paio di decadi di età – sorride sempre ed è felice di invitare un gruppo di persone ad entrare in casa sua. Uno stretto corridoio all’ingresso porta ad una sala con divano e computer, al quale il ragazzo sta appiccicato per dissimulare l’imbarazzo causato dalla timidezza e per scorgere le ultime notizie provenienti da facebook; ci resta attaccato durante quasi tutta la conversazione. Fornisce agli ospiti gli ultimi aggiornamenti sui suoi fratelli, restando appoggiato alla sedia e rivelando così una cicatrice sul braccio spessa due dita, che parte dal gomito e gli arriva al polso; l’avambraccio gli si piega leggermente in un punto tra il polso e il gomito, facendo sporgere sotto la pelle la punta dell’osso spezzato, in un punto nel quale infatti non sei abituato a vedere tali discontinuità. La ferita risale all’infanzia: da bimbo si è precipitato da un tetto.
Xangô non sa che per questa antica ferita e questa attuale deformazione può ricevere cure e un risarcimento: è sufficiente recarsi ad un centro per la salute portando i documenti con le analisi del tempo della caduta e quant’altro. Non lo sa e ascolta indifferente: non sa di avere dei diritti e non afferra il concetto stesso di diritto. Suo fratello è stato vittima di una caduta simile alla sua e si è fratturato il cranio. Sono sopravvissuti entrambi, le ferite si sono rimarginiate e sono andati avanti a vivere, senza perdere il sorriso. La sorella è incinta un figlio, il fratello è in giro; di padri ce n’è più di uno e nessuno di loro si trova in casa in questo momento, la mamma non c’è perché è a lavoro.
Nel corso della rua do rato molhado i panni sono stesi sui muri, i ragazzi telefonano seduti sugli scalini umidi davanti all’uscio di casa, perché dentro il cellulare non prende. Proseguendo, arrivi ad una strettoia: il tronco di un albero da una parte, un muro di cemento dall’altra; scavalchi le spesse radici dell’albero e ti trovi su una terrazza larga, che è anche il tetto della casa sotto ai tuoi piedi. Alle tue spalle ti sei lasciato un albero alto trenta metri, il più grande di Rocinha, e di fronte a te la vista si apre su un vasto strapiombo sul quale si sviluppano altre baracche e che si incastra nel ruscello di fogna, che qui si è ormai allargato a fiume. Mentre il cielo comincia ad imbrunire e l’umidità a creare foschia in mezzo ai vicoli, le lampadine ad costellarla di luci ad intermittenza bianche, gialle e arancioni, l’atmosfera è quella di un film fantasy; il cielo si è aperto all’improvviso, i balconi delle case che si affacciano al dirupo sono pericolanti, i bimbi sui tetti fanno volare gli aquiloni. Mentre scavalcavi le radici dell’albero più grande della favela Rocinha, dall’altra parte ti aspettavi di trovarci il David Bowie di Labyrinth o qualche personaggio de La Storia Infinita.
Prosegui ancora, ma senza incontrare alcun personaggio di alcun film fantasy: in un’altra casa di amici, luccicante e ordinata, sei stordito dalla bellezza di una meraviglia di bimba nera, con i riccioli lunghi e il sorriso; ha diciott’anni e ti mostra il suo neonato, bello e sorridente; così come la sorella, più giovane, ne ha avuto un altro. Il fratello, da quando era piccolo, lo chiamano Preto (nero); l’altro fratello l’hanno sempre chiamato Branco (Bianco); i due uomini di casa sono gemelli eterozigoti: uno bianco e uno nero. La mamma dei ragazzi e delle ragazze, ora nonna, non è in casa, è a lavoro.
(*) n.d.a. Quando questo blog racconta storie di vita intime come in questo caso, i nomi delle persone sono inventati.. anzi, sono presi da una canzone che parla di favelas; le storie raccontate restano reali.
[…] qui parte l’intreccio di vicoli che prende il nome di rua do rato malhado (la strada del ratto bagnato). Ma questa è un’altra storia. Vota:Share this:TwitterFacebookLike […]
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Molhado…. 😉
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Obg! já corrigi.
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[…] una casa dove passa un rivolo di fogna sul pavimento; eppure lo sai che in rua um, in rua tres, nel beco do rato molhado, qualcuno in questo momento sta vivendo in queste condizioni. Così chiudi le finestre e le porte. […]
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[…] vedi in rua tres, o in rua quatro, come in rua um, e nei vicoli che si avvicendano a partire dal beco do rato molhado per finire in roupa suja passando dalla rua dois; una barriera di grande umanità ha attraversato […]
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