Benvindo a Rocinha

Finora sono stato testimone di due episodi che mi hanno dato conferma dell’emarginazione che subiscono le comunità delle favelas e della quale prima avevo solo letto o mi avevano raccontato.

Io e Julio dobbiamo andare a prendere un nuovo collaboratore volontario appena arrivato e che per una sera è stato ospitato da suoi amici italiani e brasiliani in un’altra zona, più centrale, di Rio de Janeiro. Proponiamo un punto di  riferimento di poco all’interno della favela, ma viene cortesemente scartato dalla signora brasiliana in cambio di un altro poco prima del punto di  accesso: ci dice che suo marito le ha consigliato di fare così perché entrare in favela è pericoloso. Il fatto che coloro che deve incontrare siano dentro, a viverci peraltro, è considerato un punto del tutto trascurabile.

Il secondo episodio, in autobus: una signora bionda dalla guance gonfie, vestito farfalleggiante e lettore MP3 con il quale se la spassa nel mezzo pubblico affollato, chiede agli altri passeggeri un percorso alternativo alla linea sulla quale ci troviamo, che in effetti avanza a passo d’uomo, a causa del traffico intenso. Le rispondono che bisogna scendere a cambiare a Rocinha, proprio all’inizio della favela, dove c’è un capolinea e partenza di molte altre linee. La signora  si innervosisce e insiste per ottenere una proposta alternativa, sostenendo che quella fermata fosse molto pericolosa. Alla fine la signora bionda sarebbe scesa inevitabilmente a Rocinha, come quasi tutti gli altri passeggeri, buona parte di questi abitanti di Rocinha e indifferenti al suo commento.

La comunità di Rocinha risponde così a chi evita di passarci ritenendola pericolosa o a chi ci passa per caso per cambiare autobus o per accompagnarci una persona:

“Benvindo a Rocinha.

O perigo é vocé não querer mais ir embora.”

“Benvenuto a Rocinha.

Il pericolo è che non vorrete andarvene mai più.”